Una volta era semplice: la famiglia tradizionale era “quella cosa lì”. Un padre, una madre, uno o più figli. Un modello per certi versi rassicurante ma immobile. Un’architettura sociale così radicata e riconoscibile da sembrare immutabile. Ma lo era davvero? Non proprio. Oggi, infatti, quel quadro si è incrinato. Oppure, più semplicemente, si è fatto più grande. Dentro ci stanno due mamme, genitori separati che si vogliono ancora bene, padri single, figli cresciuti con i nonni, coppie ricomposte. Ma non solo. Ci sta anche la famiglia tradizionale che resiste, si reinventa, trova nuovi modi di amare e sostenersi, perché lo stare insieme non è più una formula da rispettare, ma una realtà da costruire, ogni volta diversa.
Nella famiglia tradizionale aumenta l’instabilità di coppia
Per capire cosa è cambiato abbiamo parlato con una sociologa e una psicologa, che ci aiutano a guardare la famiglia tradizionale non come un’istituzione da difendere, ma come uno specchio del tempo che viviamo, un’organizzazione elastica che cambia in relazione al contesto culturale e sociale. «Rispetto agli anni ’50 e ’60, sono tanti i mutamenti avvenuti dentro la famiglia che ne hanno modificato la forma, il contenuto e i confini» spiega Manuela Naldini, professoressa ordinaria di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Torino. Innanzitutto, siamo ben lontani dalla definizione che si trova nell’articolo 29 della nostra Costituzione: “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. «Negli ultimi decenni è cresciuta l’instabilità dei rapporti di coppia. Un tempo erano fragili perché si moriva. Oggi si rompono perché finisce l’amore. Questo comporta che siano sempre più frequenti le famiglie composte da un solo genitore e quelle “ricomposte”» continua la sociologa. A tal proposito, si stima che nel 2040 il 39% delle famiglie sarà costituito da persone che vivono da sole. Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, infatti, si assiste a un aumento delle famiglie mononucleari e a una contrazione di quelle numerose.
L’ampiezza familiare media è attualmente di 2,3 componenti a fronte dei 2,6 di 20 anni fa. E dei 4,5 del lontano 1861
Oggi si esce di casa per andare a vivere da soli o per convivere, non per sposarsi
L’instabilità coniugale ha anche un altro effetto: il matrimonio perde centralità. Che in Italia ci si sposi sempre meno non è una novità (sempre l’Istat mostra una diminuzione del 2,6% nel 2023 rispetto al 2022), ma a cambiare sono la sequenza di formazione della famiglia e il valore che si dà a quel “sì”. «Un tempo si usciva di casa per sposarsi, a quel punto si avevano rapporti sessuali e si facevano i figli. Adesso si esce di casa per andare a vivere da soli o per convivere e più del 50% dei bambini, anche in un Paese cattolico come il nostro, nasce fuori dal matrimonio» spiega Naldini.
Il matrimonio, quando c’è, non è più un rito di passaggio, ma di conferma.
Anche nelle giovani coppia, la parità è tutta da conquistare
A modificare i contenuti e i confini della famiglia tradizionale non è solo l’ordine delle scelte che facciamo, ma anche i rapporti di genere. «Un tempo la distinzione dei ruoli era netta: l’uomo lavorava, la donna si occupava della casa e dei bambini. Oggi i confini sono più labili perché molte di noi lavorano. E se da un lato questo ha portato alla formazione di giovani coppie “negoziali”, in cui cioè ci si percepisce e ci si rapporta come pari, dall’altro ha creato nuove tensioni. Soprattutto perché, come spiego nel mio ultimo libro La transizione alla genitorialità. Da coppie moderne a famiglie tradizionali (Il Mulino), all’arrivo del primo figlio la parità purtroppo ha una battuta d’arresto. Che riporta noi donne in una faticosa situazione di squilibrio» sottolinea la sociologa.
La famiglia tradizionale si “allunga”
Finora abbiamo parlato di contenuto. Adesso passiamo alla forma. La famiglia tradizionale oggi si “restringe” e si “allunga”, come un elastico. «All’inizio del ’900 era raro che un uomo vivesse abbastanza per veder nascere suo nipote. Oggi, invece, ogni bambino ha quasi sempre almeno un nonno e anche dei bisnonni. Ciò comporta che i ruoli generazionali non si avvicendino, ma si cumulino, e che il mondo relazionale cambi: ci sono meno rapporti orizzontali, ovvero con fratelli o cugini, e più rapporti verticali, con nonni o bisnonni» fa notare l’esperta.
Occhio alla distanza
Ma la forma della famiglia non si disegna solo attraverso gli assi principali, ovvero ruoli e rapporti: si definisce anche nello spazio che occupa e, soprattutto, in quello che lascia libero. Ne è convinta Valeria Locati, psicoterapeuta (conosciuta su Instagram come @unapsicologaincitta), che ha scritto La distanza che cura (Mondadori). «Nelle famiglie di oggi c’è più presenza e più partecipazione. Da un lato questa iper-comunicazione è un bene, dall’altro ingombra. Sempre più spesso non esiste uno spazio sufficiente per potersi guardare negli occhi, una misura che permetta alle due generazioni di confrontarsi, perché o si è troppo appiccicati o si è troppo lontani. Non metto a fuoco nulla se l’altro è il prolungamento del mio naso, né scorgo alcunché se è così lontano da non riconoscerlo» spiega Locati.
E il rischio è che, se i sistemi familiari non lasciano andare, i ragazzi arrivino a tradire loro stessi: ci si libera dai genitori solo se si garantisce di non cambiare.
Come possiamo trovare quella distanza “sana”, che cura?
«Dandosi tempo senza alzare barriere né creare assenze, allargando lo sguardo, riflettendo su chi è venuto prima di noi, allenandosi. Come in una danza a due, in cui le richieste sono quelle di armonia, sincronicità, direzione ed equilibrio: ci si avvicina, si esegue il passo, ci si lega all’altro e poi si lascia andare» conclude l’esperta. A ripetizione: vicino e lontano, pieno e vuoto hanno senso solo così. Come ha senso prendere atto che il contenuto è cambiato. E che anche la forma non è più quella di una volta. Ma la famiglia tradizionale continua a esistere: imperfetta, mutevole, a volte faticosa e ingombrante, ma spesso straordinaria. È il luogo in cui si cresce, si sbaglia, si ama. Non sempre segue le regole scritte, ma continua a cercare un equilibrio nuovo, fatto di legami che si scelgono ogni giorno. In fondo, non è questo che conta?