Tintarella

Cent’anni di tintarella


Bandita fino ai primi del Novecento. Chic grazie a Coco Chanel. Mania collettiva negli anni ’60. Così come il fashion, anche l’abbronzatura segue fortune alterne. Oggi, per esempio...

Tintarella, la storia

La storia a volte crea strane coincidenze, e così è anche per la tintarella. Pensate: ne esiste una particolarmente buffa che lega i cereali più famosi al mondo al successo del moderno concetto di abbronzatura. E il tutto fa capo a quel medico americano di nome John Harvey Kellogg che nella seconda metà dell’Ottocento, lavorando presso il sanatorio di Battle Creek in Michigan, convinto che la dieta a base di carne fosse deleteria, creò i famosi fiocchi di mais che da quel giorno portano il suo nome: Kellogg, ovvero i cornflakes più amati al mondo. Costui era anche convinto, in seguito ai suoi esperimenti, che idroterapia ed elioterapia fossero il toccasana per la salute. E fu così che all’inizio del secolo si trovò a curare la gotta di re Edoardo VII d’Inghilterra con il primo electric light bath, una sorta di lettino solare ante litteram. La cosa funzionò.

La tintarella nasce come terapia della luce

D’altronde nel 1903 il collega Niels Finsen si era conquistato il Nobel per la medicina grazie alla “terapia della luce” che utilizzava il sole per curare malattie come rachitismo e tubercolosi. Insomma, l’idea che il sole potesse fare bene si stava diffondendo, anche se avere la pelle abbronzata faceva ancora a pugni con il comune standard di bellezza che non riguardava soltanto un principio estetico, ma determinava pure lo status sociale. Ai primi del Novecento solo chi faceva lavori duri, i contadini nei campi o gli operai sulle impalcature e nei cantieri, subiva impunemente i raggi del sole. Le signore dell’alta società dell’epoca, grazie a parasoli, cappelli e guanti, lottavano contro ogni minima sfumatura ambrata della pelle, destinata a rimanere bianca e immacolata …noblesse oblige.

Coco Chanel: la tintarella simbolo di libertà e benessere

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Ma costoro non avevano fatto i conti con quel tornado di Coco Chanel che esattamente 100 anni fa, nel luglio del 1923, si fece fotografare sulla Costa Azzurra con la pelle dorata, di ritorno da una crociera nel Mediterraneo. Il suo amico, il principe Jean-Louis de Faucigny-Lucinge, sintetizzò quel momento storico con grande lucidità: «Penso che lei abbia inventato l’abitudine di prendere il sole. Ma d’altronde a quel tempo lei inventò qualsiasi cosa». Certo sarebbe esagerato dare solo a Mademoiselle Coco il merito di questa rivoluzione estetica, ma è certo che di un ribaltamento epocale si trattò.

L’industria della tintarella: il movimento delle pelli scottate

Lo scrisse il mensile americano “Vogue” nel 1929: «Il sunburn movement, il movimento “delle pelli scottate”, ha dato vita alla nascita di una nuova industria che comprende costumi da bagno, cosmetici e abiti che hanno l’obiettivo di conquistare e mostrare una pelle color miele». Ma non c’era soltanto Coco a esibire una nuova libertà.

Dall’altra parte dell’Oceano le flappers incominciavano a fare dell’abbronzatura uno strumento di libertà dopo aver abbattuto, ballando, fumando e bevendo, gli schemi conservatori della temibile era vittoriana. Le località balneari francesi, ma anche quelle sull’east coast americana, iniziarono a tenere i battenti aperti tutta l’estate, il che portò le classi agiate a fare del prendere il sole una vera e propria attività di svago, descritta mirabilmente da F. Scott Fitzgerald in alcune pagine dedicate alla Costa Azzurra in Tenera è la notte.

Intellettuali del Nord contro la tintarella

Anche se poi c’era qualcuno, soprattutto fra le élite intellettuali del Nord, che detestava la cosa. L’artista, scrittrice, e fotografa svizzera Annemarie Schwarzenbach di cui la casa editrice Il Saggiatore ha pubblicato “I miei occhi sul mondo“, scriveva negli anni ’20, a proposito della striscia di costa tra Mentone e Marsiglia: «Che cosa si può fare qui? Stare tutto il giorno sdraiati sulla spiaggia? È quello a cui si dedicano quasi tutti sentendosi perfettamente a proprio agio. E va notato, nessuno sembra sentirsi in colpa. Eccoli là, senza pensare all’ora, anzi senza pensiero alcuno, seminudi, abbronzati e in alcuni casi di aspetto assai gradevole. Stanno là a oziare, sprecando tempo prezioso…anche un pesante nordico, schiavo del lavoro e oppresso dalla nebbia, si adegua in fretta a questo modo di vedere le cose».

Gli abiti adatti alla tintarella

E poche righe più sotto: «Forse dipende anche dai vestiti…Si acquistano ampi pantaloni alla marinara, che non costano molto e valgono poco…una camicia colorata e aperta che da queste parti chiamano chemise d’Antibes e ci si trasforma radicalmente: si diventa più coraggiosi e perfino sfrontati. Si diventa spensierati e noncuranti, non si rispettano più i regolari orari dei pasti e si mangia quello di cui si ha voglia…».  Potenza della luce della Riviére e della sua inossidabile joie de vivre. La pelle lunare lasciava spazio a quella abbronzata nuovo simbolo di benessere: avere tempo e denaro per procurarsi la tintarella era diventato un nuovo lusso che tutti volevano affrancandosi, come scriveva Anne Marie, da qualsiasi senso di colpa.

Il primo olio abbronzante e la crema solare

Fu poi uno stilista, Jean Patou, a inventare L’Huile de Chaldée, primo olio abbronzante, seguito dal primo con filtro uv, Ambre Solaire di l’Oréal nel 1935. La crema solare arrivò invece negli anni ’40, ma diventò celeberrima nel 1956 grazie alla campagna pubblicitaria della bambina col cagnolino.

Il Bikini e i mosaici romani

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Quando poi saltò fuori il bikini nel luglio del 1946 il gioco era fatto. Chi avrebbe resistito alla tentazione di avere un’abbronzatura perfetta e più o meno integrale? Nessuno si ricordò allora che il costume inventato dai due stilisti francesi, Louis Reard e Jacob Heim, non era altro che una rivisitazione intelligente del due pezzi del periodo romano imperiale (I-II secolo d.C.) non utilizzato all’epoca per nuotare (attività che i romani praticavano nudi) ma per gli esercizi atletici delle giovani donne. In Sicilia, nella Villa romana del Casale, a 5 km da Piazza Armerina, nella celebre Stanza delle dieci ragazze, un mosaico raffigura infatti giovani donne in costume due pezzi intente a diverse attività sportive. 

Autoabbronzanti e Celebrity

Per chi poi non poteva concedersi tali lussi allora ecco nascere i primi autoabbronzanti, prodotti di make up che rendevano la pelle più scura come Glory of the Sun del 1929. Scrive Harper’s Bazaar inglese: «Negli anni ’50, la ricercatrice Eva Wittgenstein notò che una medicina macchiava la pelle dei pazienti, ma non i loro vestiti: il diidrossiacetone, che colorava in sicurezza gli strati esterni dell’epidermide, sarebbe stato poi utilizzato nei prodotti autoabbronzanti tra cui Man Tan, Sudden Tan e Quick Tan di Coppertone». Ma bisognerà aspettare fino al 1998 per avere l’abbronzatura spray, Mystic Tan, quella amata dalla celebs americane come Cameron Diaz, Demi Moore e non ultima Julia Roberts.

E oggi? Pelle protetta, meno abbronzata ma più sana

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Oggi però le cose si sono complicate, il sole si è fatto più cattivo e noi tutti più attenti. Come dire, se una volta al primo sole ci si esponeva impunemente, ora si applica una crema con schermo solare persino per andare al parco o in bicicletta. E la pelle bianca, chiara, sfumata, ma di certo non “sun burn, lentamente fa di nuovo capolino. Se non in nome della classe sociale, almeno in nome della nostra salute. 

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