“Dieci anni fa, quel giorno, ho visto i miei genitori per l’ultima volta. Da allora ho cambiato numero di telefono, casa, continente, ho tirato su un muro inespugnabile, ho messo un oceano di mezzo. Sono stati i dieci anni migliori della mia vita”. L’anniversario di Andrea Bajani, vincitore del Premio Strega 2025, racconta la storia di un uomo che, dopo una vita passata sotto scacco, con i nervi e la sicurezza logorati da una mamma e un papà disfunzionali, si libera dalla loro presa e rinasce. Com’è possibile trovare un coraggio del genere? Con quali premesse e a quali condizioni? Cerca di rispondere a queste e a molte altre domande La sindrome dei bravi figli (Feltrinelli), scritto dalla consulente psicologa e sessuologa Sandra Teml e dal counselor e terapeuta Martin Wall. Una guida dedicata a tutti quegli adulti che, di fronte a mamma e papà, si sentono ancora – dolorosamente – bambini, ricca di strumenti e strategie per riuscire a districarsi dalla rete di dipendenze emotive malsane che intrappola e fa vivere male, tra sensi di colpa ed eccessi di gratitudine, scelte indotte e parole taciute.

Come si sviluppa la sindrome dei bravi figli?

Alla base della sindrome dei bravi figli, non ci sono per forza una mamma e un papà cattivi, ma genitori spesso emotivamente immaturi che, anche loro malgrado, non riescono a garantire una presenza emotiva avvolgente e costante. «La sindrome dei bravi figli descrive una strategia di sopravvivenza che i bambini sviluppano quando i loro bisogni emotivi non vengono soddisfatti in modo adeguato» spiega la dottoressa Teml. «Il piccolo impara a essere obbediente e sempre disponibile: nel tentativo di ottenere amore, approvazione e sicurezza, cerca di non dare problemi, sopprime le proprie emozioni, evita i conflitti, si assume responsabilità che non gli spettano. Fa di tutto per venire incontro alle aspettative familiari in modo impeccabile. Quando l’infanzia finisce, questo schema può trasformarsi in perfezionismo, bisogno di compiacere (anche il partner), difficoltà a stabilire confini tra sé e gli altri. E in una profonda paura del rifiuto o del fallimento».

Quando i genitori sono sopraffatti e in crisi

La sindrome dei bravi figli è sempre esistita. «Negli ultimi trent’anni, però, si è registrato un aumento significativo di persone che lottano contro la tendenza al perfezionismo e il bisogno eccessivo di approvazione: il fenomeno è diventato più visibile e diffuso» chiarisce la dottoressa Teml. «Hanno inciso i cambiamenti avvenuti nella società, l’accelerazione dei ritmi di vita e l’eccesso di stimoli, insieme alla crescente pressione, economica ed emotiva, sulle famiglie. Molti genitori sono sopraffatti, esauriti: spesso non dispongono delle risorse psicofisiche necessarie per dare ai più giovani il buon esempio, gestendo le proprie emozioni senza venirne travolti, e non riescono a entrare in una relazione affettiva, stabile ed equilibrata coi figli. Un presupposto che è invece necessario per trasformarli in adulti con un’identità personale completamente formata».

Contro la sindrome dei bravi figli, cambia punto di vista

Se quando devi prendere una decisione qualsiasi (dal taglio di capelli all’offerta di lavoro da accettare a meno) non puoi assolutamente evitare di chiedere – e seguire – il consiglio di mamma e papà, forse la sindrome dei bravi figli ti riguarda. «In questi casi i confini tra genitore e figlio restano sfumati e, anche quando si diventa grandi, è difficile prendere in mano la propria vita in modo autonomo» suggerisce Teml. «Non sono pochi gli adulti che continuano a guardare ai genitori nella speranza, spesso inconscia, di ricevere finalmente amore e riconoscimento. Così, però, restano intrappolati nei vecchi schemi: evitano di mostrarsi per ciò che sono davvero, temendo che l’autenticità possa compromettere un legame già fragile. È fondamentale spostare il punto di vista. Invece di chiederci “quando mamma e papà mi approveranno?”, dobbiamo iniziare a domandarci “chi voglio essere io, in generale e nel rapporto con loro, che potrebbero non cambiare mai?”».

Non abbiamo bisogno dei genitori come un tempo

Molti adulti restano dipendenti non solo sul piano affettivo, ma anche su quello economico e pratico. «Finché queste dipendenze persistono senza una reale libertà di scelta, è difficile instaurare una distanza emotiva sana» afferma l’esperta. «Si resta imprigionati perché si ha ancora la sensazione di non poter in alcun modo fare a meno dei propri genitori, e a volte sono proprio loro a mantenere, in maniera più o meno consapevole, questa dinamica. Alla radice di tutto, c’è la paura di perdere l’affetto che si insegue da sempre. Spesso non è materialmente possibile rinunciare al supporto concreto di mamma e papà, ma è importante tenere a mente che non siamo più bambini e, almeno emotivamente, non abbiamo più bisogno di loro come un tempo».

La consapevolezza cura la sindrome dei bravi figli

Il primo passo per liberarsi dalla sindrome dei bravi figli? Riconoscerne la dinamica, che non significa tanto incolpare i nostri genitori, quando capire come quei primi legami continuino a influenzare il nostro mondo. «Può sembrare banale, ma spesso è la parte più difficile» dice Teml. «I modelli con cui siamo cresciuti ci appaiono del tutto normali: sono semplicemente “come stanno le cose”. Da piccoli non avevamo termini di paragone, non vedevamo il nostro sistema familiare come disfunzionale o limitante. Ci adattavamo, perché era necessario per sentirci accettati e sopravvivere. Spesso solo più avanti nella vita – quando entriamo in relazioni intime o diventiamo genitori a nostra volta – cominciamo a intuire che ciò che era “normale” non era poi così sano. Cominciamo a renderci conto che il modo in cui siamo stati cresciuti non rispecchia il modo in cui vorremmo crescere i nostri figli».

Rivendica le tue scelte (anche gli sbagli)

Diventare adulti autonomi ed equilibrati, è questo l’obiettivo finale. Mica facile. «Certo che no, ma anche quando i genitori continuano a esercitare pressioni o cercano di riportarci nei vecchi ruoli infantili, bisognerebbe restare calmi e centrati» afferma la dottoressa Teml. «Pensiamo a una situazione classica: il figlio sui 30-40 anni che, in visita dai genitori, va a fumare sul balcone. Prima lo faceva di soppiatto, senza farsi vedere, ora potrebbe provare a farlo senza nascondersi. Non si fuma, è ovvio, ma di fronte alle critiche dei genitori dovrebbe mantenere la calma, assumendo la piena responsabilità della propria vita e delle proprie scelte, senza bisogno di alzare la voce.

Questa è maturità emotiva: la capacità di sostenere la propria verità, restando comunque gentili e rispettosi, anche di fronte alla disapprovazione

Tagliare i ponti: talvolta è necessario

Ci sono casi in cui, per conquistare stabilità e serenità, tagliare i ponti con mamma e papà è l’unica via. «I genitori sono parte della nostra storia e l’ideale sarebbe distaccarsene emotivamente quanto basta per diventare adulti autonomi» suggerisce l’esperta. «Ma ci sono situazioni in cui prendere le distanze non solo è giustificato, ma fondamentale. Se i genitori continuano a essere tossici, opprimenti o invadenti, è del tutto legittimo ridurre o interrompere i contatti, almeno temporaneamente. A volte, una pausa è indispensabile per fare chiarezza e iniziare un processo di separazione psicologica».

Due esercizi contro la sindrome dei bravi figli

Per alcune persone, anche solo dire “no” a un genitore sembra impossibile. «Ecco due esercizi d’aiuto» conclude la dottoressa Teml. «Chiudi gli occhi e visualizza tuo padre – o entrambi i genitori – davanti a te. Poi, mentalmente, pronuncia un bel “no” e osserva cosa accade dentro di te. Spesso emerge la paura. Quando succede, prova a esplorarla con curiosità. Chiediti: Perché sei qui? Da cosa stai cercando di proteggermi? Cosa accadrebbe se tu non ci fossi più? Inizierai a comprendere meglio te stessa e quello che ti ostacola nel porre confini tra te e i tuoi genitori. Secondo esercizio: immagina una situazione concreta in cui vorresti dire “no”, rifiutando ad esempio un invito a cena. Visualizza la scena nel dettaglio: le reazioni di mamma e papà e, soprattutto, la tua risposta. Fallo passo dopo passo, con consapevolezza. Attraverso questa pratica mentale, alleni la capacità di tollerare l’ansia legata all’idea di deluderli».