Sotto questo sole, quante ne abbiamo combinate! Si usciva incaute, ai primi raggi tiepidi di aprile – mese con la R, per sua natura traditore, secondo il detto popolare – approfittando dei ponti e delle Pasque “alte” per allungarsi su una roccia o su una spiaggia come lucertole. Sprezzanti del pericolo per quelle radiazioni che ancora credevamo amiche. E che lo erano, in effetti, per l’umore, le ossa, la vitamina D, il pieno di endorfine, i buoni effetti sul sonno e sul sistema immunitario. Se solo ci fossimo protette… Era così dolce la sensazione di calore sulla pelle, così entusiasmante il colore dorato che si accendeva sul viso a fine giornata, facendoci sembrare subito più belle, che non pensavamo ai danni che ci avrebbe procurato quell’abbronzatura.
Abbronzatura fai-da-te: quando il sole era il nostro salone di bellezza
Alzi la mano chi non si è mai cosparsa, negli anni folli dell’incoscienza, di olio al bergamotto. Chi non si è innaffiata di birra o incremata con quell’idratante nato esclusivamente per idratare (lo dice il nome!) e diventato presto tra il popolo delle “tanoressiche” la pozione miracolo per cuocersi a puntino. Diceva la vulgata che fossero tutti eccellenti rimedi per risvegliare la melanina. Così come lo specchio riflettente. Scagli la prima pietra chi non l’ha mai messo sotto al viso oltre la linea d’ombra dell’ombrellone, chi non è stata stesa in riva al mare nelle ore più calde del solleone e chi ha avuto il buonsenso di usare la 50 in quel periodo di abbronzatura selvaggia in cui andava di moda il color cioccolato 12 mesi l’anno. Io navigavo tra il filtro 6 e 8. Sceglierne uno a due cifre, per un fototipo caucasico di tipo IV – cute olivastra, occhi e capelli scuri – era quasi un affronto. Finché non mi sono scottata. Scottata di brutto.
Quel giorno in Grecia in cui ho sfidato il sole (e perso malamente)
Mykonos. Primo giorno di vacanza. Paradise Beach, il camping dei vacanzieri giovani e squattrinati. Mollemente sdraiata su un telo, mi crogiolavo beata alla brezza del famoso Meltemi, il vento secco e tiepido del mar Egeo, convinta che quell’arietta malandrina spegnesse la forza “caustica” del sole rendendolo innocuo. E invece no. Dopo 6 ore non-stop di “grigliatura” fronte-retro, fieramente mi alzavo per fare una doccia veloce e uscire per l’immancabile acchiappo serale. Il giorno dopo, al risveglio, è stato come essere in un reparto grandi ustionati. Avevo le gambe gonfie, il viso incandescente, le spalle che risvegliavano lamenti a ogni leggero sfregamento del lenzuolo. Ero una torcia umana, l’incarnazione dell’Inferno. Per fortuna, dopo qualche giorno sono passata dal color peperone al melanzana, diventando di un nero mai visto. E convincendomi, tapina, d’averla fatta franca. Mentre la hybris, già che siamo in Grecia, intonava il suo requiem.
La fine dell’età dell’oro e dell’epidermide d’acciaio
L’anno dopo, ai primi flebili raggi di giugno, il décolleté era già un campo minato di bolle e di pustole. Un eritema devastante mi spiegava in modo chiaro che la festa era finita. Il conto era arrivato. Ed era salatissimo. Tale era il bruciore e il prurito violento che non mi era possibile stare al sole. Neppure col sun-block. Neppure con la maglietta di cotone. Faceva troppo male. Così, per anni. Intanto ho imparato che la pelle ricorda e accumula nel tempo i danni causati dalle radiazioni. E, come un amante rancoroso, si vendica. Non solo con eritemi e dermatiti, ma anche con rughe, macchie, ispessimenti cutanei, perdita di elasticità, melanomi. Causando un cambiamento irreversibile del corredo genetico delle cellule. Morale: non solo, abusando di un patrimonio fortunato, ho accelerato il mio fotoinvecchiamento, ma ho trasformato una pellaccia dura in un’epidermide da finlandese.
Filtri alti, buonsenso, una nuova amicizia
Oggi ho imparato a proteggermi sempre. Persino in città. A usare creme con filtro 50 (che tanto ho capito che l’abbronzatura arriva lo stesso), a non andare mai sotto la 30. E ad evitare le ore più calde. È proprio vero che l’esperienza insegna. Se è quella degli altri, tanto meglio. Quello che è stato è stato. Non è mai tardi per diventare amiche buone per la pelle.