cervello over 70

Il cervello non smette di imparare negli over 70 anni

Nuovi studi dimostrano come si possa ancora imparare in età avanzata. Occorre, però, allenare la mente con le giuste attività. Ecco quali 

Fin dal 2018 uno studio della Columbia University aveva mostrato come le cellule cerebrali non smettono di riprodursi neppure dopo i 70 anni. Nel frattempo un’altra ricerca dello stesso ateneo ha mostrato come il cervello non smette di apprendere nel corso della vita. Insomma, non è mai troppo tardi per imparare qualcosa o per tenersi in allenamento con la mente. A patto di fare le attività giuste. 

Il cervello negli over 70 smette di “crescere”?

Apprendere da giovani, si sa, è più semplice e veloce, come dimostra il tentativo di imparare una nuova lingua o nuove nozioni. Ma cosa accade in età adulta e avanzata? «Il calo della funzione cognitiva varia da persona a persona e dipende da un calo della struttura cerebrale stessa, che tende a ridursi in modo costante col passare degli anni. Può dipendere da numerosi fattori come la perdita di neuroni, una ridotta produzione di neurotrasmettitori come acetilcolina o dopamina, accumulo di sostanze tossiche nel cervello e difetti ereditari», spiega Gennaro Barbato, neurologo presso il centro di Cure Primarie ASL NAPOLI2 Nord.

Cosa cambia col passare degli anni

«Le diverse funzioni cerebrali possono essere colpite in tempi diversi: la memoria recente e la capacità di apprendere nuove informazioni tendono a essere compromesse relativamente presto. Le capacità verbali possono iniziare a declinare più tardi, mentre quelle intellettive, cioè quelle che permettono di elaborare informazioni (a prescindere dalla velocità), solitamente si mantengono integre, a meno che non ci siano disturbi neurologici o vascolari concomitanti – spiega ancora il neurologo – Anche la perdita di cellule nervose varia da individuo a individuo e la più esposta è l’ippocampo, sede elettiva della memoria, con le sue cellule è più esposto a tale perdita. Tuttavia, il cervello dispone di alcune peculiarità che aiutano a compensare queste perdite», spiega Barbato.

Il cervello si “rinnova” anche a dopo i 70 anni?

Fin dal 2018 i ricercatori della Columbia University indicavano come anche nel cervello adulto si possano formare nuovi neuroni anche dopo i 70 anni. «La formazione di nuove connessioni tra i neuroni rimanenti è il meccanismo più noto di “rigenerazione” del cervello. Per capire cosa accade è bene ricordare che il cervello è organizzato in reti di neuroni, veri e propri network. Ogni tipo di demenza dipende dalla rete che viene coinvolta. Per esempio nell’Alzheimer si verifica il default mode network, che accade quando ci si isola dal mondo esterno e ci si dispone a pensare», spiega il neurologo. «Nel Parkinson, invece, il più grosso danno è a carico delle cellule dello striato, alla base del cervello. Le conseguenze sono la perdita dei movimenti automatici e un disturbo di certe funzioni cognitive». Ma allora quando si rigenerano le cellule?

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Il cervello negli over 70 si “rigenera” facendo attività fisica

«Sappiamo che nell’ippocampo si creano un centinaio di nuovi neuroni ogni giorno. Alcuni studi, però, contrastano con questi risultati e indicano che il limite per la nascita di nuovi neuroni sia intorno ai 13 anni», sottolinea Barbato. Ciò su cui tutti gli esperti sembrano d’accordo è che «l’attività fisica può stimolare il meccanismo di produzione cellulare. Quella aerobica comporta un controllo dello stress ossidativo e della neuroinfiammazione. Un’attività sportiva che richiede percezione ed un alto livello cognitivo, invece, agisce in particolare sui neuroni della regione frontale che controllano le funzioni esecutive», chiarisce l’esperto.

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Tenere la mente allenata: le 6 pillole di salute cerebrale

Per poter mantenere il più giovane possibile il cervello occorre quindi tenerlo allenato, in particolare nel corso della vita. «Negli ultimi anni abbiamo appreso che è possibile ridurre il rischio di Alzheimer e di altre demenze attraverso una combinazione di sane abitudini, che permettono anche di invertire il processo di deterioramento» spiega Barbato. Si parla, infatti, di 6 pillole di salute cerebrale: «Disposte come in un cerchio, si alimentano l’un l’altra: attività fisica, dieta regolare, qualità del sonno, controllo dello stress, stimolazione mentale e uno stile di vita sociale attivo». Più sono presenti questi componenti nella propria vita quotidiana più il cervello gode di una buona salute.

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Quanta e quale attività fisica: il ballo aiuta

Una lieve attività fisica svolta in modo sistematico 3 volte alla settimana può già ridurre il rischio di demenza. «Anche il ballo che ha dimostrato di portare un grosso beneficio per i malati di Parkinson, sia per il miglioramento dell’elasticità, sia perché ritarda specificamente i sintomi della malattia – spiega il neurologo – Rompicapo e giochi di strategia forniscono un ottimo allenamento mentale e sviluppano la capacità di formare e mantenere associazioni cognitive. Cruciverba, giochi da tavolo, il Sudoku possono tutti risultare utili, così come imparare cose nuove, una lingua straniera o uno strumento musicale».

L’effetto cocktail party: la musica fa bene alla mente

Non a caso un recente studio condotto in Cina ha mostrato come le performance di musicisti anziani erano pari a quelle dei giovani. «È stato condotto su musicisti e non, anziani e giovani, con l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale per individuare le stazioni cerebrali coinvolte. Ha dimostrato che quelli che hanno avuto una lunga esperienza musicale, anche semplicemente di ascolto, possono vedere ridotto il declino cognitivo audio-visivo legato all’età. Questo fenomeno cosiddetto “decadimento dell’ascolto selettivo” noto anche come “effetto cocktail party”, indica difficoltà a comprendere le parole del vicino nel vociare di una stanza affollata o al tavolo di un ristorante».

Come mantenere giovane il cervello negli over 70 con le note

«Il risultato di questo studio è sorprendente – conclude l’esperto – perché ha dimostrato che i vecchi musicisti sono risultati più brillanti dei loro coetanei che non hanno mai suonato e a volte addirittura anche migliori dei musicisti più giovani. Hanno, infatti, una maggior attivazione delle aree frontotemporali implicate nello svolgimento di più compiti e funzioni. Inoltre, hanno la capacità di disattivare il default mode network, citata in precedenza, che è legata all’attività del pensare, condizione fondamentale per poter scegliere gli impulsi importanti lasciando perdere quelli inutili».

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