vaccino contro melanoma

Melanoma: il primo vaccino somministrato in Italia

Mentre Sarah Ferguson annuncia di avere il melanoma e parla di prevenzione, è stato somministrato il primo vaccino a un paziente in Italia, a Napoli

Mentre a Londra rimane la preoccupazione per la salute di Kate Middleton e di Re Carlo III, ed è aumentata l’ansia dei sudditi britannici per il melanoma di Sarah Ferguson, in Italia è stato somministrato il primo vaccino contro il tumore della pelle a un paziente a Napoli, dove prosegue la sperimentazione.

Il primo vaccino a Napoli

Si chiama Alfredo De Renzis ed è un medico di 71 anni, di origini campane, il primo paziente italiano a cui è stato somministrato il vaccino anticancro a mRNA per la cura del melanoma. È accaduto all’Istituto dei tumori Pascale di Napoli, nell’ambito della sperimentazione di fase III, l’ultima di poter chiedere l’autorizzazione da parte degli enti regolatori. Soddisfazione è stata espressa dal direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi, che ha spiegato come l’Istituto: «Siamo onorati che il Pascale sia il primo centro in Italia a partecipare alla sperimentazione del primo vaccino a mRNA contro il cancro. Si apre una frontiera completamente nuova, e siamo orgogliosi di esserne protagonisti».

La sperimentazione del vaccino: a che punto siamo

A coordinare la sperimentazione è l’oncologo Paolo Ascierto, che ha spiegato come «ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati di quest’ultima fase dello studio clinico, la fase III. La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili». Ascierto ha chiarito che il vaccino, prodotto da Moderna «si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid, cioè utilizzando mRNA sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati ‘neoantigeni’, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia, ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore».

Anche Sarah Ferguson ha un melanoma

Intanto Sarah Ferguson, la ex moglie del principe Andrea e madre della principessa Beatrice e della principessa Eugenia, ha ricevuto la diagnosi di un cancro maligno della pelle. La scoperta è arrivata durante i trattamenti ai quali era sottoposta dopo un altro cancro (al seno). Da qui l’appello alla prevenzione, che arriva mentre si attende l’arrivo del vaccino proprio contro il melanoma, entro il 2025.

L’appello contro i melanomi

Come ha riferito The Sun, la scoperta del melanoma sarebbe avvenuta dopo la rimozione di alcuni nei sospetti, in seguito alle cure per il precedente cancro al seno. Uno sarebbe risultato “maligno”. «Chiaramente un’altra diagnosi così presto dopo il trattamento per il cancro al seno è stata angosciante, ma la Duchessa rimane di buon umore. Vuole ringraziare l’intera équipe medica che l’ha supportata, in particolare il suo dermatologo la cui vigilanza ha assicurato che la malattia fosse diagnosticata prontamente», ha spiegato il portavoce, insistendo sull’importanza della prevenzione: «Crede che la sua esperienza sottolinei l’importanza di controllare le dimensioni, la forma, il colore, la consistenza e l’emergere di nuovi nei che possono essere un segno di melanoma».

A quando un vaccino contro il melanoma

Intanto un vaccino potrebbe proteggere dal melanoma, la forma più grave di tumore della pelle. Potrebbe persino essere disponibile entro il 2025, grazie a un’approvazione accelerata. Lo studio sperimentale potrebbe portare, quindi, a disporre di un cosiddetto “vaccino terapeutico”, che servirebbe a curare la malattia, invece che a prevenirla come gli antinfluenzali, l’anti-Covid o le normali protezioni convenzionali come l’antitetanica, l’antimorbillo, ecc.

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Un vaccino “terapeutico”

A parlare di vaccino contro il melanoma, di cui si ipotizza la messa a punto da tempo, è stato il Ceo di Moderna. Secondo Stephane Bancel potrebbe essere disponibile entro il 2025, in soli due anni. Si tratterebbe di un vaccino sperimentale, che potrebbe ottenere il via libera all’approvazione accelerata in virtù dell’incidenza della patologia. Solo nel 2020, infatti, si sono registrati circa 325.000 nuovi casi di melanoma nel mondo, che hanno portato a 57.000 decessi. Da qui l’urgenza di poter disporre di un prodotto che possa curare in modo più efficace la patologia della pelle.

Risultati incoraggianti dallo studio preliminare

Un primo studio, condotto su un campione di 157 persone con melanoma avanzato, ha mostrato risultati incoraggianti. Ai soggetti è stato somministrato il vaccino Moderna (chiamato per ora mRNA-4157) in combinazione con il farmaco immunoterapico Keytruda di Merck. È emersa una riduzione del rischio di recidiva o di morte del 49% in un periodo di tre anni, rispetto alla sola somministrazione del farmaco. I benefici si sarebbero registrati anche in un periodo di monitoraggio di due anni e avrebbero permesso di ridurre i rischi del 44%.

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Un nuovo vaccino terapeutico contro i tumori

Si tratta, dunque, di un vaccino terapeutico, ossia chiamato vaccino, ma il cui impiego non è per prevenire una malattia, ma per curarla, in affiancamento ad altre terapie tradizionali. «Servono a curare i pazienti. In questo caso sarebbe somministrato a persone sottoposte ad asportazione di un melanoma o che hanno ricevuto trattamenti per un melanoma metastatico importante e che poi sono sottoposte a immunoterapia per evitare possibili recidive», chiarisce Paolo Ascierto, Direttore del Dipartimento di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli.

Un vaccino “personalizzato”: come funziona

«L’oncologia è il campo in cui, fin da prima del Covid, si studiavano i vaccini terapeutici a mRNA. Poi la pandemia ha portato ad accelerare studi e sperimentazioni, che ora sono tornati a concentrarsi nel campo dei tumori. La tecnologia permetterà di avere vaccini “personalizzati” per tipo di tumore e per lo specifico paziente – spiega Ascierto – Semplificando potremmo dire che si prendono cellule tumorali e in laboratorio si estraggono le proteine mutate, quelle riconosciute come estranee dal sistema immunitario. Poi con un algoritmo si selezionano le 34 proteine più immunogeniche, quelle che meglio rispondono al sistema immunitario, se ne estrae l’RNA ottenendo il “messaggero” che poi diventa un vaccino. Questo serve a indirizzare in maniera più specifica e mirata l’azione del sistema immunitario, insieme a una immunoterapia», chiarisce l’oncologo.

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A quando il vaccino contro il melanoma

Nel 2024 proseguirà la fase tre della sperimentazione, che per ora ha ottenuto un via libera condizionato alle procedure di revisione, sia dall’agenzia americana Food and Drug Administration, sia dall’Agenzia europea del Farmaco Ema. Uno dei requisiti per la commercializzazione, oltre al rispetto degli standard clinici di sicurezza ed efficacia, è anche la capacità di produzione del vaccino. Per questo Moderna sta costruendo un nuovo stabilimento nel Massachusetts, come richiesto dalla stessa FDA. L’idea, dunque, resta di poterne disporre entro il 2025. Secondo Bancel questo tipo di vaccino, di cui si sta sperimentando anche una versione contro il tumore al polmone, rapprese il futuro. Si tratta, infatti, di formulazioni che servono a stimolare il sistema immunitario. Per questo il Ceo di Moderna ha parlato di “immunoterapia 2.0”.

Le terapie del futuro (e del presente)

«La differenza nella sopravvivenza è in aumento. Più passa il tempo, più si vede questo vantaggio», ha spiegato Bancel, che ha chiarito come gli effetti collaterali nelle sperimentazioni condotte finora non sono aumentati. «Abbiamo una persona su due, rispetto al miglior prodotto sul mercato, che sopravvive – ha aggiunto – il che in oncologia è enorme». «Oggi il fattore tempo è fondamentale. Spesso i pazienti devono aspettare per ottenere i trattamenti, ma se queste terapie diventeranno uno standard, potremo migliorare i risultati delle cure, come già avviene con altre terapie come le CarT», conclude Ascierto.

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