Quando iniziai a prendermi cura di un pezzo selvaggio di paesaggio, quello che oggi, dopo dieci anni di amore incondizionato chiamo Giardino Felice, la caratteristica che più mi colpì fu l’esposizione perfetta: tutti i terrazzamenti che guardano al mare sono rivolti a sud e sud/est.

In un clima mite come quello della Liguria di Levante significa poter avere copiose fioriture tutto l’anno, nessun mese escluso. E io amo così tanto i fiori che l’idea di poterli accogliere in quantità mi bastava per esser felice.

Calle nel mio giardino
Lo spadice (il fiore) è rifugio per molti insetti. Qui una piccola comunità di Cetonie funeste, conosciute per prediligere i fiori bianchi.

Perché allora, ancora alle prime armi ma determinata a diventare una secchiona green, pensavo che per poter fiorire al meglio una pianta avesse bisogno di pieno sole. Pieno sole che, da me in estate, è davvero “tanta roba”. Scoprii dopo che brucia, non solo sulla mia pelle…

Poi un amico mi regalò una calla (Zantedeschia è il suo nome botanico): una pianta rizomatosa della quale mi affezionai subito, e parecchio, forse perché mi ricordava i giardini lacustri e un po’ old style della mia infanzia.

La spata (foglia modificata) cuoriforme della calla.

Nonostante le mie cure e il posto d’onore dedicatole in giardino (ovviamente, da profana, in pieno sole) lei fioriva poco e male. Fu allora che scoprii quella cosa strana: l’ombra luminosa, e anche quanto la botanica fosse affascinante, misteriosa e ricca di controsensi. Cosa significa, in effetti, “ombra luminosa”? Perché tutti noi giardinieri ci ripariamo dietro a questa frase che vuol dire tutto e niente, ma consola. L’ombra luminosa, che tanto funziona anche per le piante da appartamento, specie le tropicali, è quel limbo ideale nel quale i raggi del sole non toccano direttamente le corolle dei fiori o le foglie che altrimenti si scotterebbero, ma illuminano lo spazio circostante, creando l’ambiente perfetto per molte botaniche. La calla fa parte di questo gruppo verde: le basta (quasi) solo questo per vivere felice.

Coltivare la calla: poche regole, e pure flessibili

Calla in vaso tra nasturzio, ficus elastica e goji.

Una esposizione luminosa ma non troppo diretta, tanta acqua ma senza eccessivi ristagni, terra ricca, fresca e un vaso capiente che consenta al suo rizoma di esprimersi al meglio e creare una piccola colonia, un clima mite e senza gelate invernali: ecco i consigli base per la coltivazione della calla. Lei però, in verità, si adatta anche a terreni più asciutti se messa a terra, ai climi più rigidi se ricoverata in inverno, a vasi più contenuti se non la si vuol far propagare troppo.

È davvero accomodante, ma non privatela di quella ombra luminosa che tanto le piace, perché non vi perdonerà.

Pillola verde: acqua quanto basta

Mix di vasi con piante da fiore. Otre alla calla, ibisco e nasturzio ora in fiore e l’agapanto che prossimamente fiorirà.

D’accordo, la calla ama esser bagnata spesso e volentieri, ma occorre non esagerare per mantenere sano il suo rizoma. Per capire se state dando abbastanza acqua, controllate le sue foglie, che devono risultare brillanti e soprattutto turgide. Il primo sintomo di carenza idrica si osserva infatti sulle parti verdi: se le foglie e gli steli iniziano a pendere ed afflosciarsi, occorre rimediare bagnando di più e sempre al piede della pianta. Il fiore infatti, delicatissimo, si potrebbe rovinare.

Bellezza pericolosa

Calla divorata dalla Cetonia funesta, che si nutre di polline ma può danneggiare anche il fiore.

Spesso in natura le piante più belle sono anche le più velenose, sia per noi che per i nostri animali domestici. Tra queste la calla: contiene ossalati di calcio, sostanze che rendono la sua linfa irritante sia per la pelle che per le mucose. Nulla di mortale, ma meglio non provare ad ingerirne l’invitante spata, cioè la candida foglia modificata che per convenzione chiamiamo fiore.

A prova di bouquet

Non solo il fiore ma anche le foglie sono altamente decorative.

Il gambo della calla è estremamente flessibile e quindi molto adatto ad esser “lavorato” nelle composizioni floreali più complesse. L’infiorescenza inoltre tiene bene da recisa, restando fresca per molti giorni.