Giulia Lamarca

Giulia Lamarca, in viaggio in tre e due carrozzine

Giulia Lamarca, travel blogger in sedia a rotelle, gira il mondo con suo marito e sua figlia Sophie. Qui ci dà tutte le dritte per scegliere le mete giuste e viaggiare quando si ha una disabilità e una bambina piccola. Consigli preziosi per tutti

«Forse è proprio quando la vita prova a immobilizzarti che tu decidi di oltrepassare i confini». È racchiusa in questa frase la storia di rinascita di Giulia Lamarca, psicologa, travel blogger in carrozzina, content creator e attivista per i diritti delle persone con disabilità.

Giulia Lamarca e la sua storia

Giulia Lamarca è in sedia a rotelle da 13 anni per un incidente in motorino. Ed è stato proprio allora, durante il ricovero in ospedale, che ha conosciuto Andrea, il suo futuro marito e padre di sua figlia Sophie, con il quale ha scoperto la passione per i viaggi. Insieme hanno esplorato tutti i Continenti, come ha raccontato prima nel libro Ti prometto che ti darò il mondo e poi, nell’ultimo, Un viaggio che parla di te. Per Giulia viaggiare è stata la salvezza, il modo per sentirsi di nuovo libera. Nonostante tutte le difficoltà con cui una persona con disabilità deve fare i conti. E non parliamo solo delle barriere architettoniche, ma anche di quelle mentali e culturali. Ma lei lotta per abbatterle le barriere, combatte contro i pregiudizi e per un mondo più inclusivo. 

Intervista a Giulia Lamarca

Come è nata l’idea di viaggiare?

«Ho conosciuto Andrea durante il mio lungo ricovero in ospedale, nove mesi» racconta Giulia. «Andrea era uno studente di fisioterapia e durante il tirocinio mi è stato affiancato. Abbiamo fatto amicizia e pian piano ci siamo innamorati. Un giorno mi ha detto: “Appena esci dall’ospedale andiamo insieme in Australia”. Io ho risposto di sì, quasi per scherzo, e invece ci siamo andati davvero. Quello è stato il primo di tanti altri viaggi. Da allora non ci siamo più fermati e abbiamo girato tutto il mondo». 

Cosa è successo quando è nata vostra figlia Sophie?

«Durante il Covid ci siamo fermati e in quei lunghi mesi a casa ci siamo ritrovati a occuparci a tempo pieno del mio profilo social. Così abbiamo scoperto che era proprio quello che volevamo fare» continua Giulia. «E quando è nata nostra figlia Sophie, il 30 settembre 2021, tutti ci dicevano “Figuriamoci adesso non potrete più viaggiare con una bambina piccola”. E invece… Non ci conoscevano. Io e Andrea ci eravamo promessi che avremmo ripreso a viaggiare tutti e tre insieme, che avremmo fatto il giro del mondo e lo avremmo raccontato sui social. Detto, fatto. Quando Sophie ha compiuto tre mesi ho capito che era giunto il momento. Ho preso i biglietti del treno per Parigi, la nostra città, quella del nostro primo viaggio dopo il ricovero, quella dove Andrea mi ha chiesto di sposarlo. Abbiamo passato lì una settimana per fare una prova generale di viaggio con Sophie. Visto che la prova generale è andata bene, abbiamo comprato i biglietti aerei per Miami. E lì, a bordo, l’emozione più grande: tornare a volare, ma insieme a Sophie». 

Come avete fatto a stare lontani da casa tanto tempo con una bimba così piccola? 

«Ovviamente abbiamo frammentato il giro in viaggi di due o tre settimane ciascuno» spiega Giulia. «Rientrando a casa, tra una tappa e l’altra, Sophie ha potuto fare visite e vaccini e vedere i nonni. Per il resto, ci siamo organizzati con una valigia di 30 chili, con i vestiti di tutti noi e i pannolini, che a volte sono difficili da trovare». Certo non dev’essere facile muoversi in tre con due carrozzine. «Il battesimo del fuoco dell’andare in giro in tre con una sedia a rotelle e un passeggino lo abbiamo avuto nel posto peggiore: a San Francisco, che è tutta un saliscendi. Lì abbiamo escogitato la soluzione migliore: Io che spingevo il passeggino di Sophie e Andrea che spingeva me, in modalità trenino».  

Con l’esperienza che ti sei fatta, cosa consigli a chi deve mettersi in viaggio con bambini piccoli o persone con difficoltà di movimento?

«Ormai viaggio in giro per il mondo da due anni insieme a Sophie» risponde Giulia « mi sto rendendo conto che esistono sicuramente dei consigli salvavita che riguardano chi ha bambini, ma non solo. 

  1. Sembrerà banale, ma per prima cosa è importante partire con le carte di credito/debito piene e portarne più di una.
  2. È essenziale anche avere della documentazione medica e sapere quali vaccinazioni sono state somministrate ai propri bambini. 
  3. È utilissimo avere tutti i documenti a portata di mano, ovvero in forma digitale e accessibili dallo smartphone. 
  4. Altro accorgimento banale è assicurarsi di partire sempre con la batteria del telefono carica, per evitare situazioni spiacevoli in casi di emergenza.  

Tra le mete lontane quali sono le più facili per chi si sposta in carrozzina?

«Tra le destinazioni che più consiglio per chi è in carrozzina come me sicuramente ci sono la Corea del Sud e il Giappone, insieme al Canada« suggerisce Giulia. «E a New York, dove ho dei ricordi bellissimi. A Central Park Sophie ha mosso i suoi primi passi a gattoni. È stata un’emozione grandissima anche perché una delle mie paure era che lei non imparasse a gattonare o a camminare perché io non lo facevo! Anche in Corea siamo stati benissimo. Andarsene in giro per Seoul è stata un’esperienza davvero rilassante, soprattutto dopo le fatiche di San Francisco. Gli spazi sono molto grandi e i marciapiedi sono il quadruplo che in Italia, quindi per noi è stato tutto piuttosto facile. Era come tornare a respirare. Anche muoversi in metrò è molto semplice perché è tutto accessibile». 

E tra le destinazioni più vicine?

«Per chi vuole rimanere in Europa, abbiamo apprezzato molto la Spagna per le sue spiagge bellissime e soprattutto attrezzate e accessibili per le persone in sedia a rotelle, così come i treni» continua Giulia. «Tra le altre mete consigliate, i Paesi del Nord Europa e dell’Est Europa, in particolare la Norvegia e la Svizzera. Che è stato il primo Paese dove abbiamo scoperto un concetto di accessibilità molto diffuso. Accessibilità per me significa che non ci siano gradini o barriere architettoniche per entrare in albergo, che ci sia l’ascensore al piano, che la zona colazione sia facile da raggiungere e la stanza sia abbastanza spaziosa. Non mi importa che ci sia il bagno per disabili con il maniglione e l’alzawater. Anche a casa mia ho un bagno normale, però ho bisogno che ci sia una doccia grande quanto basta per poterci mettere dentro una sedia di plastica. In Italia questo livello di accessibilità è difficile da trovare e, se lo trovi, costa mediamente di più che altrove. In Svizzera ti danno tutto questo e magari anche il pass per spostarti con i mezzi locali e l’accesso all’area wellness». 

Ci sono invece Paesi più difficili da girare?

«Tra le destinazioni meno accessibili e più complesse da visitare in sedia a rotelle mi vengono in mente l’India e il Guatemala, ma più in generale quei Paesi in cui non c’è un’attitudine molto positiva nei confronti delle disabilità e dove quindi diventa più difficile ricevere un trattamento altrettanto attento» avverte Giulia. «Il mio consiglio è di consultare anche Skyscanner, in particolare la “ricerca ovunque”, per visualizzare le mete più convenienti in qualsiasi periodo dell’anno e scoprirne di nuove, e la nuova guida Everywhere Agency, per trovare ispirazione sui propri viaggi e sulle destinazioni da visitare. Qui è possibile ricevere consigli e consulenze da parte di persone che hanno visto davvero con i propri occhi determinate mete e ricevere spunti insoliti e originali su cosa fare, dove andare, cosa mangiare eccetera.

Consiglio anche di cercare di non viaggiare, se possibile, in alta stagione: oltre a risparmiare qualcosa, troverete spesso una maggiore disponibilità da parte degli assistenti di volo, ad esempio, proprio per via del ridotto numero di passeggeri da gestire». 

Quali sono le cose più importanti che vi portate a casa da questa vostra vita avventurosa?

«I viaggi mi hanno insegnato a non giudicare, a entrare in un Paese in punta di piedi per imparare da qualcun altro» confessa Giulia. «L’apertura verso gli altri credo sia il regalo più grande che stiamo facendo a Sophie. Quando siamo in giro interagiamo con i bambini che incontriamo e con altri genitori, parliamo con la popolazione locale. È una cosa che trovo molto bella. Sophie sembra aver già fatto suo questo approccio: gioca con tutti ed è abituata a vedere persone di etnie diverse. Vorrei che fosse aperta all’accettazione della diversità in ogni sua forma.  È per questo che amo così tanto viaggiare ed è questo che speriamo servirà di più a Sophie. Forse non si ricorderà i posti che sta vedendo, ma sicuramente crescerà ricca di emozioni, esperienze e diversità».

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