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Swinging London: che anni, quegli anni!

C’è stato un momento, a metà dei Sessanta, in cui il centro del mondo era Londra. Tutto ciò che contava succedeva lì. E il cuore di questa rivoluzione era la musica inglese. Che, con la sua energia fenomenale, ha coinvolto arte, cinema, design, moda. Come ricorda un libro appena uscito

Che bello quando si partecipa a un progetto interessante. Quando per qualche tempo fai parte di una squadra di gente intelligente chiamata a produrre qualcosa di speciale. In questo caso, si tratta di un libro sulla Swinging London, il periodo d’oro della capitale britannica nella seconda metà degli anni Sessanta. Ma iniziamo dal principio. Avevo un amico meraviglioso, Matteo Guarnaccia. Geniale illustratore, super esperto di culture underground del mondo fatte di musica, arte, moda… Ora non c’è più, ma ha lasciato in eredità parole e disegni bellissimi, libri formidabili e, a me, una patata bollente. Perché Matteo avrebbe dovuto essere uno dei tre autori di Swinging 60s (vedi sotto), ma non è riuscito a portare a termine il suo impegno.

Swinging 60s. Musica, cinema, moda, arte e cultura nella Londra degli anni Sessanta di Franco Dassisti e Michelangelo Iossa (Hoepli)
Swinging 60s. Musica, cinema, moda, arte e cultura nella Londra degli anni Sessanta di Franco Dassisti e Michelangelo Iossa (Hoepli)

Un libro speciale sulla Swinging London

I due capitoli del libro firmati da lui sono, al solito, strepitosi e parlano d’arte e psichedelia. Mancano i suoi racconti e ragionamenti che riguardano la moda. Così l’editore ha chiesto a me di raccogliere il testimone e occuparmi dei capitoli fashion. All’inizio sono stata titubante: impossibile eguagliare Matteo. Ma poi ho pensato che forse a lui avrebbe fatto piacere che fossi io a portare avanti il suo lavoro. Non lo nego: è stato faticosissimo. Che cosa sapevo della Londra degli anni Sessanta, a parte Beatles, Rolling Stones e minigonna? Pensandoci bene, molto poco. Perché un conto è scrivere un bell’articolo, anche dettagliato, di poche migliaia di battute. Un altro è fare l’autore di un libro insieme a grandi firme di cinema e musica. Mi sono messa a studiare. Ho razziato librerie e biblioteche; ho navigato giorno e notte sul web; ho consumato quaderni con appunti di ogni genere. E, una volta pronta, mi sono messa al computer. Pronta si fa per dire.

La rinascita di Londra

Perché raccontare la Swinging London è difficilissimo. È praticamente impossibile farlo con ordine, con capitoli dedicati ai vari argomenti, perché l’energia che circolava lì negli anni Sessanta si nutriva di musica, arte, moda, design, cinema, tutti insieme, senza fare differenze. Anche perché tutti facevano tutto: le modelle posavano davanti alle macchine fotografiche di superstar dell’obiettivo, ma erano anche le commesse del negozio più trendy e le fidanzate dei musicisti più giusti. Tutto s’intrecciava, tutto succedeva in poche vie della città. E tutto si è consumato in una decina di anni. Iniziamo proprio dal termine swinging: vuol dire oscillante, appare per la prima volta il 15 aprile 1966, in un articolo del settimanale Time, per rivelarsi l’aggettivo perfetto che sintetizza tutto quello che stava succedendo a Londra. In realtà, l’esplosione era già avvenuta qualche anno prima. Diciamo che la data esatta potrebbe essere il 1962: esce il primo singolo dei Beatles Love me do e, al cinema, debutta (precisamente il 5 ottobre) James Bond, l’agente segreto 007 con Licenza di uccidere. A questo punto la Swinging London, la Londra che non sta ferma e che oscilla da una moda all’altra, diventa patrimonio dell’umanità: tutti vogliono andarci, tutti vogliono partecipare alla rivoluzione estetica e musicale, tutti vogliono respirare la libertà.

1966, la copertina di Time che consacrò la Swinging London
1966, la copertina di Time che consacrò la Swinging London

La classe operaia va a scuola

Nel libro è interessantissima la prima parte, che racconta come dal “sangue, fatica, sudore e lacrime” di Winston Churchill (nel suo memorabile discorso del 1940, appena nominato primo ministro del Regno Unito) si è arrivati alle gonne corte di Mary Quant. Si scopre che cos’è lo skiffle (spoiler: un tipo di musica folk influenzata da blues, country e jazz americano). E si racconta l’importanza delle scuole d’arte frequentate dai figli della classe operaia, grazie a un progetto sociale che permetteva loro di studiare. Risultato: tutte le star (musica, moda, cinema, architettura…) vengono da lì e costruiscono una nuova società non aristocratica molto creativa.

I Beatles in Australia 1964. Foto Shutterstock

I miti della Swinging London

Parliamo di Beatles, Rolling Stones, Who, David Bowie, Marianne Faithfull, per citare i più famosi. Dell’avventura di Mary Quant, Biba, Ossie Clark, Zandra Rhodes. Di Carnaby Street, la via dove tutto avviene. Ci si veste sulle bancarelle, anche con abiti usati: le giacche da ussaro indossate dai Beatles e da Jimi Hendrix arrivavano dal negozio I Was Lord Kitchener’s Valet, e sono diventate un mito. Si va tutti alla Indica Gallery e da Robert Fraser per le mostre e le performance d’arte e si sta incollati alla tv per non perdersi Ready, Steady, Go!, condotto dal dj Keith Fordyce e da Cathy McGowan, la regina dei mods, che diventa immediatamente un’influencer (allora ancora non si chiamavano così): tutti i musicisti passano da questa trasmissione.

Jean Shrimpton, 1961 – Foto Getty

Fra fotografi e modelle

E poi ci sono Twiggy, Jean Shrimpton, Jane Birkin, Veruska, Penelope Tree (proprio ora nella nuova campagna pubblicitaria di Vivienne Westwood): le più belle donne del mondo si fanno fotografare da Cecil Beaton, Terence Donovan, Barry Lategan, David Bailey (è lui a ispirare Antonioni per il suo Blow Up). Leggendo il libro, viene voglia di cliccare per guardare le immagini, ascoltare la musica, saperne ancora di più. Perché tutto quello che vediamo e sentiamo oggi viene da lì, la mitica Swinging London. Che probabilmente ha fatto un patto col diavolo: non invecchia mai.

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1968 – Foto Ipa
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