Sposarsi con un abito vintage è più attuale che mai. Ma ha un precedente illustre. «È semplice e classico, quando l’ho visto ho pensato: “Questo lo indosserei per sposare Big”» esclama Carrie Bradshaw, l’icona fashion interpretata da Sarah Jessica Parker, in una delle scene memorabili di Sex and The City: The Movie, tirando fuori dalla sua cabina armadio un tailleur candido di seta non firmato, trovato – così lei asserisce – in un negozio di seconda mano. Una scelta, quella di sposarsi in vintage, che fino a qualche anno fa poteva sembrare insolita e che ha invece anticipato un trend oggi sempre più forte: dire “sì” con un abito vintage o second-hand. Perché anche se quel tailleur sembra sia stato ispirato alle linee Dior contemporanee al film, il gesto di Carrie è passato dallo schermo alla realtà. Un modo per distinguersi e riscoprire un’eleganza senza tempo.

Sposarsi in vintage piace alle celeb

Sempre più spose cercano un vestito unico, già vissuto, pronto a raccontare una nuova storia intrecciando memoria, stile e autenticità. Dall’influencer spagnola Mónica Anoz, che si è sposata di recente indossando un abito haute couture d’archivio di Chanel del 1975 (trovato nel vintage shop americano Timeless Vixen e riadattato dall’atelier iberico Alejandra Valero), alla principessa Beatrice di York, che nel 2020 ha trasformato l’abito disegnato da Norman Hartnell, indossato dalla regina Elisabetta II per la première di Lawrence d’Arabia nel 1962, nel suo abito da sposa grazie agli stilisti di corte Angela Kelly e Stewart Parvin, gli esempi famosi non mancano. Ma il matrimonio in vintage non è solo una moda che piace a celebrità o a teste coronate.

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La popstar Lily Allen nel 2020 si è sposata con David Harbour in abito di ispirazione Chanel vintage (IPA)

Il vintage è eleganza intramontabile

«Le mie clienti hanno soprattutto una cosa in comune: sanno esattamente cosa vogliono. Donne diverse, impiegate in differenti campi, dalla comunicazione alla medicina, ma accomunate dalla volontà di indossare un abito che abbia un’identità e che le faccia sentire speciali e uniche» sottolinea Stefania Gentile. Con la sua boutique battezzata 1920 (1920s.it), ha ridefinito il concetto dell’abito da sposa con collezioni di vestiti d’epoca, dai primi del ’900 agli anni ’70, e repliche sartoriali su misura ispirate a modelli originali vintage. «Quando ho deciso di fondare 1920, ho creduto nell’idea che l’eleganza del passato potesse parlare al gusto delle donne di oggi. Non mi sono sbagliata».

Un abito da sposa vintage della boutique 1920

Le icone a cui ispirarsi

Non solo negli atelier specializzati, ma anche nei negozi vintage cresce la richiesta di abiti da sposa. «Ultimamente si rivolge a noi un numero crescente di donne, per lo più straniere, che arrivano appositamente a Milano per scegliere il loro vestito per le nozze» racconta Claudia Perri, responsabile dello showroom con sartoria annessa di Cavalli e Nastri, negozio vintage tra i più importanti d’Italia, attivo dal 1989 (cavallienastri.com). «Abbiamo una selezione di abiti che partono dalla fine dell’800 e possono essere modificati e personalizzati su richiesta. Di recente abbiamo modernizzato un bellissimo abito di pizzo su cui abbiamo creato un’apertura sulla schiena delicata ed elegante». Le icone a cui si guarda sono intramontabili: l’abito firmato Balmain per il primo matrimonio di Audrey Hepburn con Mel Ferrer e quelli di Givenchy per il film Cenerentola a Parigi e per le nozze dell’attrice con Andrea Dotti. O, ancora, il leggendario e stracopiato vestito da sposa di Grace Kelly, disegnato dalla costumista premio Oscar Helen Rose.

un abito da sposa vintage
Un abito da sposa vintage di Cavalli e Nastri

Sposarsi in vintage è conveniente e sostenibile

La bellezza di un abito che si distingua da qualsiasi capo nuovo, le lavorazioni preziose e introvabili oggi, il recupero di materiali per dare vita agli accessori, l’alta qualità dei tessuti sono alcune delle ragioni dietro la scelta di un abito vintage. Ma non sono le uniche. «Ho deciso sin da subito che avrei voluto per le mie nozze un vestito second-hand» racconta Irene Santoru, impiegata nel sales e marketing del settore luxury hospitality, «perché non mi piaceva l’idea di spendere tantissimi soldi per un abito che avrei usato una sola volta. Ho considerato anche l’idea di affittarlo, poi ho scoperto Brides Do Good, una boutique di Londra che rivende abiti in ottime condizioni: per ogni tre sterline guadagnate dalle vendite, una finanzia progetti per contrastare in tutto il mondo i matrimoni precoci. Così sono volata in Inghilterra e ho trovato l’abito giusto. Per la festa avevo invece un secondo vestito preso su Vinted e ora vorrei rimetterli entrambi in circolo». Anche un vestito da sposa può avere una seconda occasione, come insegna ancora Carrie Bradshaw con il celebre abito di Vivienne Westwood: scelto per il “non matrimonio” con Mr Big e poi indossato ancora nel sequel And Just Like That, quando è invitata al Met Gala.

Soosarsi in vintage conquista anche il décor

Le scelte sostenibili non si fermano solo ai vestiti. Secondo i dati di Catawiki, sito di aste online, le ricerche legate ai matrimoni sono aumentate dell’80% rispetto all’anno scorso e la vendita degli anelli di fidanzamento è cresciuta di 5 volte. Anche qui sono i gioielli antichi, soprattutto della metà del ’900, ad attrarre le coppie in cerca di pezzi unici. Stessa tendenza nel mondo degli orologi: al posto di vistosi status symbol, si scelgono modelli d’epoca più raffinati, destinati a diventare nuovi cimeli di famiglia. Persino la tavola per le nozze si fa vintage con posate d’argento Christofle, porcellane Haviland anni ’60, bicchieri Baccarat. «Le coppie vogliono creare un’atmosfera unica, speciale e irripetibile» spiega Christophe Thiebaut, esperto per Catawiki di design e tableware. Anche perché scegliere il vintage e il pre-loved sta diventando parte di un nuovo modo di vivere il matrimonio: intimo, sostenibile, minimalista.

Il fascino di un matrimonio bonsai

Il boom dei micro wedding ne è la prova. «Quando ho dato vita al mio progetto nel 2020, la richiesta era quasi solo straniera. Ora anche molte coppie italiane preferiscono matrimoni raccolti, con al massimo 30 persone» racconta Rachele Franchi, wedding planner e fondatrice di Micro Weddings Italia (microweddingsitalia.com). «Chi sceglie questo tipo di cerimonia desidera condividerla con una cerchia ristretta, senza obblighi familiari. Una decisione profonda e coraggiosa». Non solo. Nozze più raccolte danno accesso a location straordinarie, che sarebbero invece precluse a grandi numeri di invitati: una cappella tra le colline toscane, una terrazza alle Cinque Terre, una barca sul lago di Como, un bosco al tramonto. A chi le chiede cosa non possa mancare a nozze così, Franchi risponde con una parola: intimità. E con un’immagine poetica: «Un giorno una coppia mi ha chiesto un matrimonio “bonsai”, come la pianta che racchiude in poco spazio l’immensità della natura. Così sono nati i miei matrimoni bonsai: curati, significativi, sostenibili. Meno spreco, più attenzione. Meno apparenza, più sostanza». Ed è questa, forse, la vera rivoluzione.