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Atlete transgender, il divieto di partecipare alle gare femminili

La Federazione Internazionale di atletica ha deciso che le atlete trasgender - uomini diventati donne dopo aver attraversato la pubertà maschile - non potranno più gareggiare nelle competizioni femminili. Il presidente dell’organo di governo: "Non stiamo dicendo di no per sempre"

Le atlete transgender sono state giudicate fisicamente troppo forti per gareggiare assieme alle donne: così la federazione internazionale di atletica leggera ha deciso di vietare, a partire dal 31 marzo scorso, la loro partecipazione alle competizioni internazionali femminili.

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La prescrizione riguarda le atlete che abbiano completato la transizione dal sesso maschile e quello femminile dopo la pubertà, a prescindere dal livello di produzione di testosterone. Va detto che attualmente nessuna atleta trans gareggia ai massimi livelli della pista. Già nel luglio scorso la Fina, federazione internazionale sport acquatici, aveva adottato un provvedimento simile.

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Coe: “Non è uno ‘no’ per sempre”

E’ stato Sebastian Coe, il presidente di World Athletics, ad annunciare il provvedimento in una conferenza stampa virtuale che ha concluso i lavori del consiglio mondiale. “Le evidenze scientifiche relative al fatto che i transgender non abbiano considerevoli vantaggi rispetto alle donne biologiche – ha spiegato Coe – sono insufficienti per poter permettere loro di gareggiare. Ma creeremo una commissione che continui a esaminare la situazione: non è uno ‘no’ per sempre”. “Le decisioni sono sempre difficili quando implicano esigenze e diritti contrastanti tra gruppi diversi, – ha sottolineato l’ex mezzofondista britannico – ma continuiamo a ritenere che dobbiamo mantenere l’equità per le atlete al di sopra di ogni altra considerazione. Saremo guidati in questo dalla scienza intorno alle prestazioni fisiche e al vantaggio maschile che inevitabilmente si svilupperanno nei prossimi anni. Man mano che saranno disponibili ulteriori prove, rivedremo la nostra posizione, ma riteniamo che l’integrità della categoria femminile nell’atletica sia fondamentale“. Il consiglio di World Athletics ha istituito un gruppo di lavoro che nei prossimi 12 mesi esaminerà ulteriormente la questione dell’inclusione dei transgender.

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Cosa cambia per gli atleti “DSD”

Cambiano le condizioni invece per gli atleti “DSD”, coloro che accusano “disordini dello sviluppo sessuale” (dall’acronimo inglese “disorders of sex development”). Tali atleti sono stati legalmente identificati come donne alla nascita, ma hanno una condizione medica che porta ad alcuni tratti maschili, inclusi alti livelli di testosterone che, secondo World Athletics, dà loro lo stesso tipo di vantaggio ingiusto degli atleti transgender. Per poter gareggiare con le donne, dovranno tenere al minimo i livelli di testosterone: esso dovrà risultare al di sotto di un limite di 2,5 nanomoli per litro per un minimo di 24 mesi per competere a livello internazionale nella categoria femminile in qualsiasi evento. Questa disposizione potrebbe avere un impatto su 13 atleti di alto livello, fra cui Semenya, due volte campionessa olimpica degli 800 metri.

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