Una sentenza destinata a fare la storia in tema di salario minimo quella della Corte di Cassazione che, ammettendo l’esistenza del “lavoro povero“, fissa il principio secondo il quale il magistrato può individuare un “salario minimo costituzionale” che possa assicurare una vita libera e dignitosa” al lavoratore.

L’art 36 della Costituzione come “bussola”

La Cassazione ha accolto il ricorso di un vigilante di Torino che chiedeva un adeguamento del suo salario ritenuto troppo basso, benché regolato da un contratto nazionale.

Il giudice di primo grado aveva dato ragione al dipendente di una cooperativa, la Servizi Fiduciari di Torino, vigilante in un Carrefour, che lamentava la non conformità all’articolo 36 della Costituzione del suo CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro). La Corte d’Appello si era fermata, riconoscendo un primato alla contrattazione collettiva. La Corte di Cassazione, invece, ha ribaltato la sentenza di secondo grado e sancito la prevalenza dell’art. 36: la retribuzione deve essere “sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa” e la contrattazione collettiva “non può tradursi, in fattore di compressione del giusto livello di salario e di dumping salariale”.

Riconosciuto il “lavoro povero”

In sostanza, secondo i giudici, i paletti della contrattazione collettiva possono essere superati se ad essi corrisponde una retribuzione misera. Significativo a questo proposito un passaggio della sentenza nel quale si parla di “povertà nonostante il lavoro principalmente dovuto alla concorrenza salariale al ribasso innescata, in particolare dalla molteplicità dei contratti all’interno della stessa contrattazione collettiva; la quale, pur necessaria, quale espressione della libertà sindacale e per la tutela dei diritti collettivi dei lavoratori, può entrare in tensione con il principio dell’art. 36 della Costituzione”.

Esultano le opposizioni, Schlein: “Urgente stabilire salario minimo”

La segretaria del Pd, Elly Schlein, esulta e dice che si tratta di “un’indicazione che conferma la necessità e l’urgenza di stabilire un salario minimo secondo i principi stabiliti dalla Costituzione”. Mentre i pentastellati in Commissione Lavoro definiscono la sentenza “una pronuncia” decisiva “perché dice a chiare lettere che da sola la contrattazione collettiva non può bastare”. “Di fronte a questo storico consolidamento giurisprudenziale – osservano – il M5S è convinto che l’approvazione del salario minimo legale sia un passaggio non più rinviabile” perché “non è più accettabile che nel 2023 si viva in povertà pur lavorando”.

La segretaria del Pd, Elly Schlein

Calenda: “Basta ritardi, sì a salario minimo legale”

“Con la sentenza che conferma la necessità di un salario minimo legale – incalza il leader di Azione, Carlo Calenda – la Cassazione è arrivata dove finora il Governo ha temporeggiato”. Ora “basta ritardi – è il suo appello -, dimostriamo che anche la politica sa riconoscere che il diritto a uno stipendio dignitoso è garantito dalla Costituzione”.

“Il governo non può più nascondersi”

Il coro delle opposizioni in favore della decisione dei magistrati di Piazza Cavour è unanime. Anche il vice capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi, esprime soddisfazione e attacca il Governo osservando come “ora non possa più far finta di niente”. “Per stabilire un giusto salario”, afferma, la contrattazione collettiva, invocata da Giorgia Meloni per respingere la proposta del salario minimo, “non basta”. Ma, d’ora in poi, si potrà fare riferimento “a indicatori economici e statistici”, come il paniere Istat e alla Direttiva europea (2022/2041) secondo la quale “il salario non deve solo consentire di uscire dalla povertà, ma anche di ‘partecipare ad attività culturali, educative e sociali'”.

“È sacrosanto”, interviene il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia, che “il rifermento di base, per un salario, sia la contrattazione nazionale di categoria e i contratti collettivi di settori affini”, ma questi riferimenti “non possono mai comprimere il giusto livello salariale”.

A questo punto, è l’invito delle opposizioni che hanno depositato in Parlamento una proposta di legge unitaria per un minimo di 9 euro lordi l’ora, governo e maggioranza “non possono più nascondersi: ‘Basta con le meline, si affronti il tema in Parlamento e si voti una legge di civiltà'”.

“Nelle prossime settimane – assicura il Dem Marco Sarracino – torneremo in Aula alla Camera per vedere chi è d’accordo con la maggioranza del Paese che vuole il salario minimo e chi invece continua a nascondere la questione”.

La replica del ministro del Lavoro

A rispondere per il Governo è il ministro del Lavoro Elvira Calderone secondo la quale “bisogna tenere conto dei giudici quando dicono che la contrattazione da sola non basta”, ma “questo – assicura – è il lavoro che farà il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro)”.