L’obiettivo era vendere online oggetti che non usavano più, soprattutto abiti, ma hanno finito con il cadere in una rete dubbia e pericolosa: per molte donne rivolgersi alla piattaforma Vinted ha infatti significato essere raggiunte da messaggi di uomini che, dopo aver finto di essere interessati ai capi in vendita, le bersagliavano con molestie o richieste di contatti “hot”. I loro scatti, infatti, erano finiti a loro insaputa in un canale Telegram chiamato Girls on Vinted. Col rischio di deepnude.
Girls on Vinted: le foto girate su un canale Telegram
Giocando sull’assonanza del nome, le foto pubblicate su Vinted da molte donne per mostrare la vestibilità degli abiti messi in vendita erano finite su un canale Telegram, il cui nome richiamava quello della piattaforma di vendita online, Girls on Vinted, ma nulla aveva a che vedere con l’originale. A denunciare l’accaduto sono state in centinaia, non solo in Italia, ma anche in Germania e Francia. Come riferito da molte utenti, alcune delle vittime si sono ritrovate a ricevere messaggi che chiaramente non c’entravano nulla con la regolare vendita di oggetti e vestiti.
Dagli annunci di abiti ai messaggi hot
«A me è capitato tante volte di essere contattata da user francesi con nomi femminili e che, facendo finta di essere interessati ai vestiti, chiedevano le foto da indossato avanti e dietro sennò non avrebbero acquistato. E al no diventavano sempre più insistenti con decine di messaggi», ha scritto una ragazza su TikTok. Tra chi chiedeva ulteriori scatti, specie in costume, e chi ha visto finire le proprie foto su ben altri canali web rispetto a quello di Vinted, l’allarme ha portato molte utenti a mettere in guardia chiunque usi la App di second-hand e altre analoghe.
Girls on Vinted: l’allarme alle donne che usano Vinted
Il caso, ad esempio, è rimbalzato in poco tempo anche su Reddit dove è comparso un messaggio di allerta molto chiaro: «Donne, state attente! Ci sono alcuni ragazzi che comprano appositamente dalle donne solo perché interessati a ottenere le loro informazioni personali, come nome, indirizzo, codice postale, ma anche numero di telefono, per poi postarle in subdoli gruppi Telegram. Non è uno scherzo». Il consiglio è di non postare alcun tipo di indicazione personale né foto nelle quali si veda il viso della donna che vende un abito, né men che meno scatti in costume se si tratta di questo tipo di capo.
Il tranello della prova abito
Molti uomini che si fingevano utenti, infatti, chiedevano di ricevere foto nelle quali le venditrici indossavano magliette, gonne o anche costumi da bagno, fingendo di essere interessati alla vestibilità. In realtà le immagini venivano poi postate illecitamente sul canale Girls on Vinted, creato a giugno 2024 e che in meno di un anno ha raccolto oltre 1.000 foto “rubate”, se non addirittura “ritoccate” grazie all’intelligenza artificiale.
L’intimo che diventa oggetto di feticismo
«Il fenomeno è noto. Inoltre, alcune app di questo tipo sono diventate luogo ideale per feticisti alla ricerca di oggetti usati come i capi di intimo, che a volte sono persino più ambiti o valgono più di quelli nuovi», conferma l’avvocata Marisa Marraffino, specializzata in reati informatici. «Alcuni utenti, inoltre, sono passati da Vinted a OnlyFans, proprio a riprova di come anche app di compravendita regolare possano essere viste come un mezzo per contattare persone a scopi ben differenti rispetto a quelli per i quali sono nate».
Foto manipolate e donne “spogliate” col deepnude
Il rischio che le proprie foto finiscano su altri canali è reale e non riguarda soltanto Vinted. Per questo occorre tenere presente che, anche quando si posta volontariamente una foto, questa può essere manipolata grazie all’AI. È il fenomeno del deepnude che, grazie anche a software sempre più diffusi, consente di “spogliare” le persone immortalate, togliendo loro gli abiti in modo digitale. Un rischio di cui si era parlato molto per i giovanissimi, soprattutto studentesse, vittime di ricatti dopo aver condiviso alcuni loro scatti. Il pericolo, però, riguarda anche i bambini vittime inconsapevoli di sharenting.
Come funziona il deepnude
«Il deepnude è facilissimo da mettere in atto. Per questo con Terres des Hommes stiamo portando avanti una proposta di legge che preveda di estendere il reato di revenge porn – che punisce la condivisione di materiali pedopornografici – anche a pratiche che prevedano l’uso di software manipolativi e AI, quindi al deepnude», spiega Marraffino. Ad oggi «esiste un disegno di legge, ma è pendente, è urgente invece legiferare quanto prima – esorta l’avvocata, che spiega ancora: «Ciononostante, l’invito è comunque a denunciare sempre, perché è possibile ricorrere ad altri reati, come diffamazione o trattamento illecito di dati personali. Occorre quindi rivolgersi alle forze dell’ordine e in particolare alla polizia postale».
Perché le donne italiane sono state più molestate
A colpire, comunque, è il fatto che il fenomeno degli approcci su Vinted interessi soprattutto utenti italiane, anche all’estero: a dirlo sono i dati di una indagine condotta dalla testata Süddeutsche Zeitung, insieme alle emittenti Norddeutscher Rundfunk e Westdeutscher Rundfunk. Delle 130 utenti di Vinted identificate come vittime di messaggi molesti, la maggior parte è italiana. «Purtroppo, soprattutto nel nostro Paese, c’è una scarsa cultura della riservatezza: capita, ad esempio, che su siti di compravendite di automobili si postino foto in cui si vede la targa del mezzo dalla quale, tramite una semplice visura al PRA, si può risalire all’identità e indirizzo del proprietario, molestandolo».
Cosa pubblicare e cosa no
Nel “caso Vinted” Telegram ha bannato l’amministratrice (una donna, sì) per violazione dei termini di utilizzo del canale, ma occorre prestare attenzione a qualunque cosa si pubblichi: «Se si vende una maglietta, non serve (e non si dovrebbe) mostrare il proprio volto. Lo stesse vale per i veicoli, con le targhe appunto. È bene accertarsi anche su quali informazioni siano condivise dalle piattaforme: possibilmente, non si dovrebbe mai usare la propria email aziendale o una che riporti nome e cognome esatti, meglio crearne una con un nickname, anche per evitare il rischio di essere indicizzati a scopi di marketing o reindirizzati ad altri canali. Lo stesso vale per siti di prenotazione di hotel, voli, ecc.: ogni volta che postiamo qualcosa, anche sui social, è come affiggere un manifesto su una enorme bacheca virtuale. Ricordiamo che la riservatezza è un diritto costituzionalmente garantito, ma dobbiamo essere noi per primi a occuparcene», sollecita Marraffino.
Dalle piattaforme di second-hand ai canali “hot”
D’altro canto, «queste piattaforme sono solo intermediari, non hanno responsabilità come invece può accadere se si è molestati all’interno di un negozio fisico», osserva l’avvocato. Ad esempio, amministrare il canale Telegram Girls on Vinted, ora chiuso, era una tale Sara, milanese di 29 anni che raggiunta dalla stampa tedesca ha dichiarato esplicitamente che lo scopo del canale era “vendere” «chat erotiche a 10 euro», «video intimi a 50 euro» e altri servizi analoghi che nulla avevano a che fare con il mercato degli oggetti usati. Lei, però, ha spiegato: «Pubblichiamo semplicemente post pubblici, le donne ottengono più visibilità e vendono meglio». «Non è mai stato fatto nulla di male; era semplicemente pubblicità gratuita», ha aggiunto.
Come capire se le proprie foto sono rubate
«Esistono dei modi per proteggere le proprie foto e sono quelli previsti per tutelare il diritto d’autore. Per esempio, i grandi brand o i fotografi professionisti ricorrono a codici cosiddetti hash che consentono, qualora gli scatti siano utilizzati in modo illecito o senza consenso, di ricevere degli alert e intervenire. Ma solitamente sono servizi a pagamento, a cui il normale utente non ricorre – spiega l’avvocata – È possibile anche, grazie a un protocollo messo a punto dal Garante della privacy, chiedere la scansione preventiva delle foto che si vogliono postare, in modo che se qualcuno volesse usarle senza consenso sarebbe subito individuato, ma chi lo fa in concreto? Ormai online si pubblica di tutto con leggerezza».
Aumentano i casi di sostituzione di persona
«La verità è che occorre più prudenza nel postare contenuti. Quella prudenza che, paradossalmente, hanno soprattutto gli autori di reato, che usano nickname, indirizzi IP dinamici e altri sistemi per non essere individuati. Gli utenti, invece, diventano sempre più spesso vittime di reati di molestie, stalking, atti persecutori o sostituzione di persona, reati in aumento: crescono, ad esempio, gli episodi in cui le proprie foto sono rubate per aprire un falso profilo su Tinder o altre app di dating che, non a caso, ultimamente chiedono anche un selfie per controllare l’identità. Il fenomeno, ormai, è enorme: occorre attenzione e, se serve, non esitare a denunciare alla polizia postale».