animali domestici aumento

Cani e gatti hanno preso il posto dei figli?

Stando alle proiezioni demografiche, nel 2025 il numero degli animali domestici supererà quello dei minori di 14 anni. Significa che nelle nostre case, e nei nostri cuori, i pets hanno preso il posto dei figli? Le cose sono un po’ più complicate…

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Il trasportino per animali domestici è entrato l’anno scorso nel paniere ISTAT, è la prova che la rivoluzione è avvenuta. Nelle case italiane 35 milioni di persone convivono con 65 milioni di pets. Un grande aumento dell’esercito di code, ali e pinne da appartamento. «Nel 2025 il numero degli animali da compagnia sorpasserà quello dei minori di 14 anni stando alle proiezioni demografiche» analizza Guido Guerzoni, economista della Bocconi di Milano e autore di Pets, Feltrinelli, documentatissimo compendio sociale, economico e culturale appena ristampato che scandaglia questa “invasione”.

Un fenomeno globale, considerato che 3,5 miliardi di esseri umani posseggono ufficialmente 1,7 miliardi di pets. «Il Brasile in 10 anni è diventato nel mondo il Paese con il maggior numero di cani e gatti dopo gli Stati Uniti, in India il numero di animali domestici per famiglia è raddoppiato nell’ultimo decennio. Gli economisti li considerano il terzo indicatore del benessere, di un Paese» sottolinea Guerzoni, orgoglioso compagno, di giochi del segugio Pioppo. Sì, l’aumento degli animali domestici li ha fatto sì che ormai siano parte integrante delle nostre famiglie, al punto che 7 padroni su 10 dormono con loro e il giro d’affari di pappe e crocchette in Italia ha raggiunto i 2.759 milioni di euro nel 2022 (dati Assalco Zoomark).

I pets aumentano, i bambini diminuiscono

E non solo nel nostro Paese, l’aumento di animali domestici tocca tutto il mondo. Tra instabilità sentimentale, aspirazioni professionali e insicurezza economica, negli ultimi 50 anni il numero di figli è più che dimezzato passando dai 4,98 del 1960 ai 2,3 del 2020. E nelle nazioni più sviluppate, come l’Italia, la caduta è stata più accentuata. Occhio, però, a stabilire un nesso di causa-effetto e a dire che preferiamo gli animali ai figli. Piuttosto è la ridotta natalità, associata a un aumento della solitudine nella società di oggi sempre più frammentata e parcellizzata, a diventare un possibile stimolo ad accogliere cani e gatti.

«Non è che nascono pochi bambini perché al loro posto adottiamo un animale. Nelle metropoli, dove l’urbanizzazione ci ha spinti a vivere, i rapporti umani sono più rarefatti. I nuclei familiari non sono numerosi come una volta: nella stragrande maggioranza dei casi i figli, da adulti, si allontanano e i genitori, diventando anziani, spesso prendono un animale da compagnia. Mia madre, nei suoi ultimi anni di vita, aveva un bassotto che io chiamavo affettuosamente il mio fratellastro» racconta l’etologo dell’Accademia dei Lincei Enrico Alleva, il cui ultimo libro è La mente animale (Codice Edizione).

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Attenzione, però, all’eccessiva “umanizzazione”

«Il cane è un lupo addomesticato, non pensiamo che sia felice se mentre lo portiamo a
passeggio parliamo al cellulare: è un animale da branco e come tale ha bisogno di interazione con i suoi simili» ricorda Alleva. «Per il gatto è lo stesso: se entrando in casa ignoriamo gesti come lo strusciarsi sulle nostre gambe o l’alzare la coda a punto interrogativo, cadrà in depressione. Un rapporto con un animale si crea quando c’è uno scambio emotivo, quando le menti si parlano». Concorda il filosofo ed etologo Roberto Marchesini, autore di oltre 40 volumi, l’ultimo dei quali è L’amore per gli animali (Lindau): «C’è molto narcisismo nel rapporto attuale con i pets che, più o meno consapevolmente, trasformiamo in peluche. Certo, gli animali fanno parte di noi: basti vedere come li abbiamo raffigurati fin dal Paleolitico, come ogni civiltà li abbia divinizzati, come le società contadine abbiano sempre vissuto a stretto contatto con loro. Per i nostri nonni badare alla stalla o dar da mangiare a polli e conigli occupava buona parte della giornata, e cani e gatti erano presenze costanti anche se non vivevano in casa con loro. I pets sono dunque gli ultimi “superstiti” di una relazione profonda che abbiamo sempre avuto: perciò non bisogna cadere nella semplificazione animali-al-posto-dei-figli. Anche perché, a ben vedere, sono perlopiù le famiglie con bambini a portare all’aumento di animali domestici, dopo che i pargoli che sfiancano genitori riluttanti fino a convincerli».

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Ma non saranno mai figli

In un mondo così complicato è comprensibile che scarseggi il desiderio di fare figli ma la demografa
ha poco a che fare con i pets, sintetizza in conclusione Paola Valsecchi, docente di Etologia all’Università di Parma e allieva del celebre etologo Danilo Mainardi. «Quando si adotta un cane o un gatto lo si fa non perché richiede meno impegno di un figlio ma perché riveste un importante ruolo affettivo. Non ci limitiamo a sfamarlo o curarlo, ma scegliamo per esempio vacanze alle quali possa partecipare. Insomma, stabiliamo con lui una relazione che ne rispetti le esigenze. Gli animali sono creature che dipendono da noi: in una società nella quale le relazioni sono sempre meno stabili, con la loro fisicità e il loro calore, ci ricordano i bambini. Se a volte li chiamiamo così, è normale, umano: ma non significa che davvero pensiamo a loro come a dei figli. Il nostro modo di essere o non essere genitori non va mai contrapposto all’amore per gli animali».

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