Disoccupata 50 anni

Cosa significa restare disoccupata a 50 anni

Per molte donne restare disoccupate a 50 anni significa non riuscire più a lavorare. Sulle loro spalle si sommano tutti i carichi domestici e di cura, davanti a loro si chiudono le porte delle aziende che non le considerano candidati da assumere

«Non ci hanno visto scomparire». È quanto molte 50enni disoccupate possono dire, virando con amarezza il titolo del celebre saggio sul femminismo di Lisa Levenstein Non ci hanno visto arrivare. Si ritrovano fuori dalla scena lavorativa, invisibili e tramortite, perché le porte a cui bussano faticano ad aprirsi.

Delle over 50 che perdono il lavoro si parla poco

«La permanenza delle donne nel mercato del lavoro a ogni età è un percorso a ostacoli» spiega Tania Scacchetti, neoeletta segretaria generale Pensionati Cgil. «A perdere più spesso il posto sono le giovani quando hanno un figlio, però è vero che quelle intorno ai 50 anni senza un lavoro molto difficilmente si ricollocano. Anche per gli uomini non è facile, ma alcuni over 60 con competenze tecniche e manageriali sono richiamati in azienda con contratti di collaborazione. Le donne, poi, non entrano nella narrazione pubblica: la dismissione delle grandi fabbriche ha colpito prevalentemente operai maschi con lunga anzianità aziendale. Le donne, invece, hanno di solito impieghi più precari in settori come il commercio e le pulizie o sono in piccole aziende: in questi contesti la disoccupazione non fa massa. Perdere il posto una alla volta, o poche per volta, è considerato un problema individuale, non collettivo. E il fatto che in una famiglia resti senza lavoro la moglie è ritenuto meno grave, perché spesso il suo è un impiego part-time o comunque a bassa retribuzione».

Il ruolo di caregiver toglie alle donne molta energia psicofisica

Scalzate dalla scena professionale, tante over 50 vedono drenate le loro energie psicofisiche dalle esigenze domestiche. «I dati dell’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, parlano chiaro: nella classe di età tra i 50 e i 64 anni c’è un forte sbilanciamento di genere a sfavore delle donne nella suddivisione delle faccende casalinghe e nella cura dei parenti malati» spiega Tania Scacchetti. Conferma Guendalina Graffigna, professoressa ordinaria di Psicologia dei consumi e della salute presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona: «Dopo i 45 anni spesso le donne hanno un pesante fardello familiare da gestire: sono madri con figli da seguire ma anche figlie o nuore di anziani a carico. Tali ruoli così pesanti limitano la loro disponibilità di tempo, e quando fanno colloqui di lavoro sono costrette a rifiutare delle offerte se gli orari non sono compatibili. Non solo: sono anche schiacciate dal senso di colpa di non essere sufficientemente accudenti verso la famiglia e questo le frena dal rilanciarsi e formarsi».

Le 50enni subiscono un doppio pregiudizio: di genere e di età

Mentre le donne barcollano per il carico casalingo, il mondo esterno non le sorregge, anzi infligge il colpo ferale alla loro autostima. «In tante aziende è diffuso l’ageismo, quella combinazione di attitudini pregiudiziali nei confronti delle persone più vecchie» dice Vanesa Pellizza, direttrice generale dell’associazione Piano C. «Anche gli uomini sono colpiti da bias che si cristallizzano in affermazioni come: “Non accettano un capo più giovane” o “Non sanno aggiornarsi”. Il problema è che le donne sono doppiamente discriminate: per genere e per età. La consapevolezza di questo fenomeno, che è oggettivo, fa però sì che spesso tirino i remi in barca: convinte che il mondo del lavoro non le voglia più, non si candidano, non fanno networking, non pensano a un progetto. Scatta così il meccanismo della profezia che si autoavvera». Spiazzante è anche l’incrocio tra le aspettative della società e quelle che le donne stesse hanno su di sé. «Oggi i modelli sociali di ruolo stanno leggermente evolvendo, ma tante sono cresciute interiorizzando una certa visione del proprio ruolo per cui, anche quando il partner si offre come supporto, spesso sono loro a non saper delegare» sottolinea Guendalina Graffigna. 

Divorziate e vedove disoccupate hanno spesso seri problemi economici

Molte over 50 sono vedove o divorziate, non hanno più un partner ma spesso figli da crescere e vivono in una situazione di precarietà economica che, in caso di licenziamento, diventa ingestibile. «C’è un forte gap di reddito tra uomini e donne, molto più significativo del gap salariale: è imputabile al fatto che le seconde hanno meno ore lavorate – vuoi per il part-time, vuoi per la discontinuità nel lavoro, vuoi per i contratti a tempo determinato – e si traduce in un gap pensionistico del 36%» avverte Emanuela Notari, formatrice di Longevity Planning e relatrice, con Guendalina Graffigna e altre esperte, al convegno Femgevity nell’ambito del recente Milan Longevity Summit. «Perciò è fondamentale che le donne fin da giovani abbiano autonomia economica e si occupino dei loro soldi». Ma gli investimenti non sono solo finanziari. «Gli uomini durante tutta la vita lavorativa investono sul loro capitale umano, cioè la capacità di essere appetibili sul mercato del lavoro, per esempio attraverso corsi di formazione e networking». Per questo, quando si trovano senza più un posto, le 50enni risultano invece scarsamente impiegabili.

Ci sono associazioni che aiutano le over 50 a cercare lavoro

C’è però chi può dare loro una mano, come Piano C e Fondazione Adecco. «Proponiamo alle donne di ogni età percorsi gratuiti di riprogettazione, alcuni a Milano, altri online su scala nazionale» dice Vanesa Pellizza di Piano C. «Il nostro metodo intreccia il design thinking e tecniche di empowerment. Dopo 3 mesi di corso stiliamo un action plan: a quel punto hanno gli strumenti per capire quando c’è un match tra le loro competenze e ambizioni e quello che il mercato può offrire». Vari programmi gratuiti per donne in situazione di forte vulnerabilità, spesso vittime di violenze e/o in grave difficoltà economica e sociale, li offre anche Fondazione Adecco, che mette in relazione il Terzo settore e il mondo profit (fondazioneadecco.org). «Favoriamo l’accessibilità e l’inclusione nel mondo del lavoro di soggetti fragili, e tra di essi ci sono anche donne over 50» spiega il segretario generale Francesco Reale. «Non diamo un  impiego, ma supporto e tutoraggio affinché diventino autonome nella ricerca. Occorre che il mondo del lavoro cambi approccio: giustissimo assumere i giovani, ma gli sviluppi demografici impongono di guardare anche alle persone non più giovani. Le aziende devono promuovere l’inclusione senza barriere legate all’età, perché dietro l’età ci sono persone con una storia, talento, competenze, aspirazioni. Spetta a tutti far sì che possano rimettersi in gioco».

Il nostro progetto

Le donne, in Italia, hanno tutti i diritti e sono padrone della propria vita. Ma solo sulla carta. Perché, quanto a parità, il nostro Paese è al 79° posto del Global Gender Gap Index. Ecco perché a inizio 2024 abbiamo lanciato #Liberedi, un progetto che ci accompagnerà tutto l’anno. Attraverso le voci di donne che hanno sfidato pregiudizi e discriminazioni in nome della libertà di scegliere. E, come in queste pagine, di rimettersi in gioco a qualsiasi età. Da tanti piccoli passi nasce la grande rivoluzione. Per un futuro più equo.

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