Una donna al lavoro

Lavoro, arriva l’obbligo di whistleblowing: cosa significa

Dal 17 dicembre entra in vigore l'obbligo per le aziende con più di 50 dipendenti di adeguare i canali di tutela dei lavoratori che denunciano illeciti. Cosa c'è da sapere

Se lavori in un’azienda con più di 50 dipendenti, avrai già sentito parlare di whistleblowing, la novità che entrerà in vigore a partire dal 17 dicembre. Che cosa è? In italiano la parola “whistleblowing” significa soffiata, segnalazione. Infatti, si tratta di un obbligo per le aziende di adeguare i canali a tutela dei lavoratori che denunciano illeciti sul posto di lavoro.

Che cosa è il whistleblowing

Il whistleblowing consiste nella possibilità di segnalare, in modo anonimo e protetto, fatti o situazioni di illecito o di irregolarità che si verificano nell’ambito del rapporto di lavoro, sia nel settore pubblico che in quello privato.

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Il decreto 24/2023 introduce l’obbligo di dotarsi di canali di segnalazione per i datori di lavoro privati che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di almeno 50 dipendenti, e per quelli che operano in settori considerati a rischio, come i servizi finanziari, i trasporti, l’ambiente e così via.

L’obbligo vale anche per i datori di lavoro pubblici, come le amministrazioni statali, le autorità indipendenti, gli enti pubblici economici, gli organismi di diritto pubblico. Per questi ultimi era già scattato dal 15 luglio 2023, così come per i datori di lavoro privati che impiegano una media di almeno 250 dipendenti. Dal 17 dicembre 2023 l’obbligo scatta per quelli che hanno impiegato nell’ultimo anno tra i 50 e i 249 dipendenti.

Che cosa si può segnalare

Le segnalazioni possono riguardare casi di corruzione, frode, abuso di potere, discriminazione, violazione della privacy, inquinamento ambientale, pericolo per la salute o la sicurezza dei lavoratori o dei consumatori, e così via. Ovviamente, qualsiasi segnalazione deve essere fondata, veritiera e basata su elementi di fatto, non su mere opinioni o sospetti.

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Whistleblowing, come fare le segnalazioni

A seconda dei casi, le segnalazioni possono essere fatte attraverso canali interni o esterni. I primi sono previsti dal datore di lavoro, che deve garantire la riservatezza dell’identità e dei dati personali del segnalante, la sicurezza della piattaforma di segnalazione, la tempestività e l’efficacia dell’azione di controllo e di rimedio.

I canali esterni sono previsti dalle autorità competenti, come l’Anac, cioè l’Autorità nazionale anticorruzione, ma anche l’autorità giudiziaria ordinaria o contabile, o gli organi di vigilanza settoriali. In alcuni casi, è possibile anche ricorrere alla divulgazione pubblica, cioè alla diffusione delle informazioni a mezzi di comunicazione, organizzazioni sindacali, associazioni o enti di tutela.

Le tutele per chi segnala irregolarità

Il whistleblowing è un atto di responsabilità civica e di tutela dell’interesse collettivo, ma anche un diritto e un dovere del lavoratore. Il segnalante, infatti, è protetto da eventuali ritorsioni o discriminazioni da parte del datore di lavoro o dei colleghi, che possono configurare il reato di rivelazione del segreto d’ufficio o di violazione della privacy. Il segnalante ha anche diritto a un’assistenza legale e psicologica, a un’indennità di risarcimento del danno e a una tutela sindacale.

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Al contrario, chi non segnala o segnala falsamente può incorrere in sanzioni disciplinari, amministrative o penali, a seconda dei casi. Inoltre, chi ostacola o impedisce le segnalazioni, o esercita ritorsioni o discriminazioni nei confronti dei segnalanti, può essere punito con sanzioni pecuniarie o detentive.

Il decreto precisa quali sono i casi di comportamenti ritorsivi vietati verso chi segnala le irregolarità. Si tratta di licenziamento, sospensione, mancata promozione o retrocessione di grado, cambiamento di mansione, trasferimento, modifiche dell’orario di lavoro, ostracismo, moleste e trattamento sfavorevole. Le sanzioni vanno da 10mila a 50mila euro.

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