Figli e padri

Stare (anche) col papà fa andare meglio a scuola

Lo dimostrerebbe uno studio inglese. La pedagogista: «Servono entrambe le figure di riferimento per dare sicurezza e fiducia in se stessi»

Il tempo trascorso con il padre può migliorare in modo significativo il rendimento scolastico. A dirlo è uno studio, condotto nel Regno Unito, su bambini di 5 anni, che avrebbe mostrato i benefici del tempo «di qualità» passato a giocare, leggere, andare in bici. Secondo i ricercatori britannici sarebbe sufficienti anche solo 10 minuti al giorno. Ma davvero è così?

L’importanza della presenza dei padri

Lo studio inglese, condotto da un team della Leeds University School of Business su un campione di bambini tra i 3 e i 7 anni, aveva come scopo verificare se una maggiore presenza dei padri potesse avere un effetto positivo sul rendimento scolastico dei figli una volta iniziata la primaria. I risultati sembrerebbero confermarlo, tanto che i ricercatori parlano di un «Piccolo, ma significativo miglioramento», sia nei bambini di 3 anni, sottoposti poi a test a 5 anni, sia in quelli che avevano passato del tempo col padre a 5 anni e che poi ne avevano beneficiato a 7 anni, dunque in età scolare.

Voti migliori per tutti, specie in matematica

Come spiegano i ricercatori, l’impatto positivo della presenza dei padri sarebbe maggiore per quanto riguarda i risultati in matematica mentre, pur impegnandosi nelle stesse attività, i dati indicano che le madri hanno generalmente una maggiore influenza sulla sfera emozionale e sui comportamenti sociali della prole. Non ci sarebbero differenze, invece, per quanto riguarda il genere dei figli, l’etnia, l’età o il reddito del campione analizzato (circa 5.000 genitori).

Perché l’educazione è ancora affidata alle madri

Le conclusioni dei ricercatori è che si dovrebbero trovare strategie che permettano una maggiore condivisione della routine dei figli da parte di entrambi i genitori. D’altro canto è la stessa coordinatrice del lavoro, Helen Norman, a spiegare: «Le madri hanno ancora la tendenza ad assumersi il ruolo primario di cura e quindi si occupano maggiormente dei figli. Ma se i padri si impegnano attivamente nella cura dei bambini, aumenta la probabilità che i bambini ottengano voti migliori nella scuola primaria. Questo è il motivo per cui è difficile incoraggiare i padri a condividere l’educazione con le madri, fin dalla prima infanzia».

Qualcosa nelle famiglie sta cambiando

«Il punto di partenza della ricerca è corretto e porta all’attenzione un tema già al centro dell’attenzione di chi si occupa di educazione e formazione. In passato i padri erano quasi completamente assenti dalla vita dei figli e comparivano, specie se si trattava di maschi, da un certo momento della crescita in poi. Col tempo qualcosa è cambiato, complice il fatto che le donne hanno iniziato a lavorare di più fuori casa», spiega la pedagogista Maria Grassi, presidente dell’Associazione nazionale pedagogisti italiani-ANPE.

I bambini hanno bisogno di più figure di riferimento

«Finalmente la ricerca sottolinea come i bambini abbiano bisogno di più figure adulte di riferimento, quindi non della sola madre alla quale tradizionalmente era affidato il compito di cura della casa e della famiglia. In passato esisteva forse una maggiore rete familiare, che poteva offrire anche altri modelli educativi, come i nonni, gli zii, gli insegnanti, ecc.» prosegue Grassi. Oggi i più fortunati possono ancora contare sui nonni, ma sono importanti anche gli zii, gli insegnanti a scuola o gli allenatori per chi pratica sport. «Il fatto che si riconosca l’importanza anche del padre nella crescita e formazione dei bambini è un dato importante. Detto questo non credo che bastino 10 minuti al giorno», sottolinea però la pedagogista.

Figli e padri: bastano 10 minuti per “essere presenti”?

Il report britannico invita i padri a trascorrere più tempo coi figli, anche se impegnati con il lavoro. «Ma pensare che bastino 10 minuti al giorno mi sembra riduttivo, come fosse un piccolo miracolo. Io credo piuttosto che serva una continuità e una certa estensione di tempo, che non può essere limitata a una finestra così ristretta, né alla sola età prescolare – spiega Grassi – Pensiamo, per esempio, alla fase adolescenziale e preadolescenziale, che si accompagna a grandi cambiamenti non solo fisici». Gli equilibri familiari, però, stanno cambiando: è innegabile che sia cresciuto il numero di padri che si occupa in modo più attivo della vita e della crescita dei figli, fin da piccolissimi. Non è più un tabù che possano cambiarli, dar loro il biberon o farli addormentare, dando il cambio alla madre. Ma qual è il beneficio per i ragazzi quando crescono?

Serve costruire un rapporto di confidenza coi genitori

«Certo oggi le famiglie sono cambiate e stanno cambiando. Al nucleo tradizionale si sono affiancate coppie omogenitoriali o famiglie single, quindi è difficile fare valutazioni in modo scientifico sugli effetti sul lungo periodo. Se dovessimo tenere conto dei principi della pedagogia e della psicologia “classiche” diremmo che al padre è affidato il compito di rappresentare l’autorevolezza, la legge, mentre alla madre sono associate le emozioni, gli affetti e il senso di accudimento. Ma questi ruoli possono anche essere invertiti, a prescindere dal genere. L’importante è i figli possano contare su entrambe le figure o su più figure adulte di riferimento, anche esterne al nucleo familiare, che siano una guida per il giovane», suggerisce la pedagogista.

Più dialogo in famiglia

Quel che appare fondamentale è che ci siano presenza e dialogo all’interno della famiglia: «In una società come la nostra, dove sono sotto gli occhi di tutti i problemi di violenza giovanile, bullismo e cyberbullismo, la famiglia nel suo complesso rappresenta un argine. I genitori devono essere entrambi presenti, ove possibile, perché in questo modo i figli acquisteranno fiducia in loro, magari si apriranno al dialogo, ma in ogni caso nei momenti di difficoltà, se ne incontreranno, sapranno di poter contare su di loro», conclude Grassi.

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