Bullismo e cyberbullismo sono ben noti ai nostri ragazzi visto che tre su quattro li hanno vissuti sulla propria pelle. Il 30 per cento ha perfino ricoperto entrambi i ruoli, vittima e autore. Eppure, queste esperienze in forma diretta non funzionano come un vaccino rispetto al rischio di caderci ancora. Più del 70 per cento dei giovani, infatti, non è in grado di capire quando una chat stia diventando rischiosa, quanto cioè chi vi partecipi non discuta più in forma autonoma, ma in base a ciò che ritiene che gli altri pensino e dicano di lui.

La App per disinnescare il cyberbullismo

È questo il meccanismo del bullismo online, una spirale pericolosa dove le espressioni altrui man mano diventano il criterio per valutare se stessi, dirigendo quindi le proprie parole e azioni. Una trappola del pensiero, insomma, che una nuova App pensata per insegnanti ed educatori prova a disinnescare. Si chiama NetGuardian ed è stata messa a punto dall’Università di Padova, con il contributo di Fondazione Tim, in partnership con Fondazione Carolina (dedicata a Carolina Picchio, prima vittima riconosciuta in Italia di cyberbullismo).

Come funziona la App contro il cyberbullismo

«La App utilizza l’Intelligenza Artificiale, un algoritmo di Machine Learning applicato all’analisi del linguaggio naturale» spiega il Responsabile Scientifico del Progetto, il professor Gian Piero Turchi dell’Università degli Studi di Padova. «L’AI analizza le conversazioni tra gli studenti e, identificando gli indicatori del livello di rischio nell’interazione digitale, produce un indice di esposizione suddiviso in quattro fasce: bassa, media, medio-alta e alta». Come funziona? «L’applicazione è suddivisa in due parti: la prima è una piattaforma di messaggistica in cui gli studenti possono inviare messaggi ai compagni; la seconda è una piattaforma per i docenti che consente loro di ricevere in forma anonima e in tempo reale le analisi sul grado di esposizione al rischio di cyberbullismo emerso dalla chat di classe. In base alla pericolosità rilevata, l’applicazione fornisce suggerimenti per il monitoraggio o per un intervento diretto della task force di Fondazione Carolina».

Dai segnali alla richiesta di aiuto

L’aspetto ancor più significativo del progetto, che nella fase di sperimentazione ha coinvolto 263 studenti, è la rilevazione del rischio in tempo reale, a cui segue immediata la richiesta di aiuto. «Solo un ragazzo su tre è in grado di riconoscere l’esistenza del rischio di cyberbullismo, ma in ogni caso ciò avviene solo quando questo è già alto» sottolinea Teresa Caramellini, Responsabile di Progetto. «La App vuole aiutare studenti, docenti e Servizi a decifrare il grado di esposizione al rischio di cyberbullismo, così che gli studenti possano “alzare la mano” in autonomia”».

Non è lo slang a svelare il cyberbullismo

Una App, insomma, per insegnare ai ragazzi quando le parole stanno andando oltre. Non pensiamo, però, che questa violenza e il presunto gioco tra vittime e carnefici siano innescati dallo slang o dal gergo giovanile, come osserva Ivano Zoppi, Segretario generale di Fondazione Carolina: «Ci si poteva immaginare che un certo tipo di linguaggio fosse la spia della situazione di pericolo, ma non è così. La App non rileva un rischio alto in conversazioni “iperboliche”, tutt’altro».

Dalla App ai servizi di aiuto di Fondazione Carolina

Al progetto NetGuardian si affianca il servizio Re.Te (Rescue Team) di Fondazione Carolina. «Tre équipe multidisciplinari sul territorio nazionale garantiscono supporto tempestivo e gratuito alle vittime e agli autori di violenza online» spiega Ivano Zoppi, Segretario generale di Fondazione Carolina. «A ciò cui si unisce il Centro Re.Te. (Recupero Terapeutico) che nel cuore di Milano accoglie e cura i ragazzi che hanno perso la connessione con la propria giovinezza. Noi li chiamiamo i profughi dell’oceano digitale, che cercano rifugio, ascolto e cura».