Madre denuncia il fidanzato della figlia sedicenne: braccialetto elettronico anche a lei 

A Marsala una mamma denuncia il fidanzato violento della figlia minorenne, che la opprimeva. La ragazza nega tutto ma le verifiche sul cellulare di lei e le parole della preside della sua scuola confermano tutto. Il giudice dispone il braccialetto elettronico a entrambi

La mamma di una ragazzina di 16 anni denuncia il fidanzato di lei, che esercita un controllo ossessivo sulla figlia, e la procura dispone il braccialetto elettronico non solo a lui, ma anche a lei, per evitare che si incontrino. La notizia fa scalpore perché non è così comune che un genitore arrivi a denunciare il fidanzato di una figlia, ma soprattutto è inedito che una misura cautelare sia disposta anche alla vittima.

La madre denuncia il fidanzato della figlia

Dopo la vicenda di Giulia Cecchettin, si sta forse sgretolando il muro dell’omertà e della paura. E i genitori di fronte a comportamenti opprimenti non sono più disposti al silenzio, ma agiscono. Il ragazzo da tempo l’aveva isolata dagli amici, le chiedeva in continuazione foto e video per assicurarsi di conoscere ogni suo spostamento. Aveva la password del registro elettronico con cui monitorava che la ragazzina non entrasse alla prima ora: le chiedeva infatti di entrare alla seconda per stare il meno possibile con i compagni. Lei doveva mandargli i video di ogni spostamento per documentare cosa stesse facendo e con chi, ed era arrivato perfino a impedirle una visita cardiologica perché il medico era un uomo. La mamma della ragazza, preoccupata, contro la volontà della figlia denuncia il ragazzo e chiede di portare lei in una comunità protetta per scongiurare qualsiasi contatto con il giovane.

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La ragazza nega ma la violenza psicologica è evidente

Interrogata in commissariato, alla presenza di una psicologa, la sedicenne nega tutto: lei e il fidanzato vanno d’accordo, qualche battibecco ogni tanto, ma nessuna oppressione. Basta il racconto della preside della scuola però a smentirla, insieme all’analisi del cellulare della ragazza: al numero del fidanzato vengono inviate ogni giorno decine di foto e video, per dimostrare dov’è e cosa fa. Persino in orario scolastico e durante le lezioni: anche il rendimento della ragazza ne risente.

Isolata dalle amicizie, la ragazzina cambia: è chiusa, non parla con nessuno, piange spesso. Cambia persino il suo modo di vestire: niente abiti aderenti o scollature, solo felpe e maglioni larghi, come raccontato dalla madre, che non riesce neppure a portare la figlia a fare spese insieme a lei: «Può fare shopping online», avrebbe risposto il ragazzo, in un’occasione. Sul cellulare della ragazza vengono ritrovati anche insulti, istigazioni al suicidio, violenza verbale. 

Il giudice entra a gamba tesa nella relazione

 Il procuratore di Marsala, Fernando Asaro, racconta a La Repubblica che «davanti al grande senso di responsabilità di questa madre, venuta a denunciare contro la volontà di sua figlia, siamo entrati a gamba tesa nella vita privata di questi ragazzi. Una madre che denuncia, la figlia che nega, ma i riscontri trovati a scuola e nel cellulare della ragazza erano consistenti». Asaro aggiunge: «Non sappiamo come sarebbe finita questa storia se non lo avessimo fatto. Ritengo che sia ineludibile cogliere qualsiasi segnale e intervenire prima che sia troppo tardi: non posso che ribadire l’appello ad una responsabilità collettiva a cogliere qualsiasi segnale di rischio, anche abbattendo le barriere difensive nei confronti di una persona cara».

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Il giudice ha solo applicato la legge

La decisione della mamma di questa ragazza è coraggiosa, ma il provvedimento del pubblico ministero non deve stupirci, come commenta Paola Di Nicola Travaglini, magistrata di Cassazione e autrice di diversi libri, tra cui Codice Rosso (Giuffrè). «Non posso valutare i provvedimenti dei magistrati ma in generale posso dire che hanno semplicemente applicato la legge. Non si tratta quindi di una situazione inedita perché di fronte a un reato procedibile d’ufficio, come la denuncia, il pubblico ministero è obbligato a bloccare quella condotta attraverso la richiesta di una misura cautelare, cioè il braccialetto elettronico, che viene disposto se c’è pericolo di reiterazione del reato. Lo scalpore insomma non corrisponde al dato della legge».

Cosa fare se la figlia è maggiorenne

Di sicuro il dato più eclatante è che la misura cautelare riguardi anche la ragazza, la vittima: in questo modo si può verificare che lui non si avvicini anche attraverso il braccialetto applicato a lei. La mamma ha potuto denunciare il ragazzo perché la figlia è minorenne. «Il giudice è costretto a procedere d’ufficio, di fronte a una denuncia, se la vittima è minorenne» spiega la giudice Paola Di Nicola. Quindi se la ragazza fosse maggiorenne, i genitori non potrebbero fare nulla? Non proprio. «Non avrebbero le mani legate. In base alla nuova legge di contrasto alla violenza sulle donne appena approvata all’unanimità, i genitori si possono rivolgere al questore, anche senza la richiesta della vittima. Il questore dispone l’ammonimento e, in presenza di condotte successive, a quel punto si può procedere con una denuncia penale».

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