Le madri sono sempre più sole e penalizzate in Italia. Nel 2024 il divario occupazionale tra papà e mamme, con un almeno un figlio minore, è di quasi 29 punti percentuali: poco più di una mamma single su due, tra i 25 e i 34 anni, lavora. E la natalità tocca il minimo storico con solo 1,18 figli per donna. Sono i dati del rapporto «Le Equilibriste, la maternità in Italia» di Save the Children, giunto quest’anno alla sua decima edizione.
In Italia si fanno sempre meno figli
In Italia il 2024 ha registrato un nuovo record negativo delle nascite (solo 370mila), con una flessione del 2,6% rispetto all’anno precedente. L’età media delle madri al parto ha raggiunto i 32,6 anni, parallelamente il tasso di fecondità totale ha subito un’ulteriore contrazione, attestandosi a 1,18 figli per donna, inferiore anche al minimo storico dell’1,19 registrato nel 1995. Il Sud e le Isole hanno registrato i cali più significativi di nuove nascite, rispettivamente del 4,2% e del 4,9%.
La classifica delle regioni «amiche delle mamme»
Come ogni anno, lo studio include anche l’«Indice delle Madri», elaborato dall’Istat per Save the Children: una classifica delle Regioni italiane dove per le mamme è più facile o difficile vivere. Anche quest’anno, l’Indice riporta la Provincia autonoma di Bolzano in cima ai territori amici delle mamme, seguita da Emilia-Romagna e Toscana, mentre fanalino di coda, come nella scorsa edizione, risulta la Basilicata, preceduta in fondo alla classifica da Campania, Puglia e Calabria.
«Child penality», le donne sempre più svantaggiate
L’Italia occupa il 96° posto su 146 Paesi nel mondo in relazione alla partecipazione femminile al mondo del lavoro, mentre rispetto al gender gap retributivo si trova alla 95esima posizione. Inoltre, più di una donna su quattro (26,6%) nel nostro Paese è a rischio di lavoro a basso reddito, mentre la stessa condizione interessa un uomo su sei (il 16,8%).
I dati sul divario salariale a sfavore delle donne preludono a una penalità ancora più netta quando queste decidono di mettere al mondo un figlio: la «child penalty». Il 77,8% degli uomini senza figli è occupato, ma la percentuale sale al 91,5% tra i padri (92,1% per chi ha un figlio minore e 91,8% per chi ne ha due o più), mentre per le donne la situazione è molto diversa: lavora il 68,9% di quelle senza figli, ma la quota scende al 62,3% tra le madri (65,6% per chi ha un figlio minore e 60,1% con due o più).

Neo mamme e rinuncia al lavoro
Mentre gli uomini con figli sono più presenti nel mercato del lavoro degli uomini senza figli, per le donne avere figli equivale a una minore occupazione lavorativa. ll 20% delle donne, infatti, smette di lavorare dopo essere diventata madre, spesso a causa dell’assenza di servizi per la prima infanzia e della mancanza di condivisione dei compiti di cura all’interno delle famiglie, che rendono inconciliabile la dimensione lavorativa e quella familiare. Secondo alcune stime preliminari, inoltre, questa percentuale salirebbe di ulteriori 15 punti, raggiungendo il 35%, tra le mamme di figli con disabilità.
Anche i dati sulle dimissioni volontarie relativi ai genitori con figli 0-3 anni restituiscono un’istantanea sulla disparità di genere nel mondo del lavoro: a dimettersi, infatti, sono principalmente le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita. Il 72,8% di tutte le 61.391 convalide da parte di neogenitori di bambini tra 0 e 3 anni è riferito a donne e nel 96,8% dei casi si tratta di dimissioni volontarie. Le motivazioni più frequentemente indicate riguardano la difficoltà di conciliazione della vita familiare con quella lavorativa per ragioni legate ai servizi, all’organizzazione del lavoro o a scelte del datore di lavoro.
Le differenze territoriali
Oltre allo squilibrio di genere i dati del Rapporto evidenziano forti disparità territoriali e sociali. Al Nord, il tasso di occupazione maschile è dell’87% per gli uomini senza figli e 96,3% per quelli con almeno un figlio minore. Per le donne si attesta all’80,2% per quelle senza figli e al 74,2% per chi ha almeno un figlio minore. Anche nelle regioni del Centro emerge uno svantaggio femminile con una differenza di circa 5 punti percentuali nei tassi di occupazione tra le donne senza figli (74,3%) e quelle con figli minori (69,2%). Nel Mezzogiorno, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è molto più bassa e presenta comunque una differenza tra le donne senza figli (49,4%) e quelle con almeno un figlio minore (44,3%), in linea con quelle del Centro e del Nord.