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Settimana corta di lavoro, tre proposte di legge presentate alla Camera

Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra chiedono una riduzione dell'orario lavorativo per i dipendenti e propongono agevolazioni per le aziende

È possibile lavorare quattro giorni a settimana? Secondo il Partito democratico, il Movimento 5 Stelle e l’Alleanza Verdi e Sinistra sì. I tre partiti hanno, infatti, presentato alla Camera le loro proposte di legge per istituire la settimana corta di lavoro.

La settimana corta per l’Alleanza Verdi e Sinistra

Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana e di Alleanza Verdi e Sinistra, ha depositato il testo per la settimana corta già ad ottobre 2022. La proposta contiene 22 articoli e prevede 34 ore lavorative a parità di retribuzione per i dipendenti e per chi ha contratti di collaborazione. Viene inoltre proposto l’introduzione di un fondo, alimentato dalle maggiorazioni retributive degli straordinari e delle sanzioni, per incentivare i datori di lavoro a diminuire di almeno il 10% l’orario settimanale. È, però, prevista l’esclusione di alcune categorie di lavoratori, come il personale della scuola e quello delle forze armate.

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La proposta di Giuseppe Conte

Anche il Movimento 5 Stelle ha presentato la sua proposta per la settimana corta, il cui primo firmatario è Giuseppe Conte. L’ex premier e il suo partito vorrebbero che organizzazioni sindacali e datori di lavoro avessero la possibilità di stipulare contratti che prevedano la riduzione delle ore settimanali di lavoro a parità di stipendio fino a un minimo di 32. Le ore possono essere spalmate sulla settimana attuale o su quella corta fatta di 4 giorni. Di contro, ai datori di lavoro per i primi tre anni spetterebbe un esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali e assicurativi.

Cosa chiede il Partito democratico

Mesi fa, nell’ottobre 2023, anche il Partito democratico ha presentato alla Camera la sua proposta di legge sulla settimana corta di lavoro. Nel testo il partito di Elly Schlein parla di “agevolazione contributiva per favorire la stipulazione di contratti collettivi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell’orario“. Nonostante il numero ridotto delle ore lavorate, lo stipendio resterebbe lo stesso. Da parte loro i titolari avrebbero un esonero del 30% dei complessivi contributi previdenziali dovuti per il periodo di sperimentazione. La percentuale è aumentata al 40% per lavori gravose o usuranti.

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Le aziende che già hanno la settimana corta di lavoro

In Italia alcune sperimentazioni sono già state avviate, ma in pochissime aziende. Luxottica, specializzata nella produzione e nel commercio di occhiali, ha messo in atto una sperimentazione su base volontaria in alcuni reparti. I lavoratori che hanno aderito sono circa 10mila: se il progetto dovesse funzionare allora di allargherebbe a tutti dal 2025. Anche in Lamborghini, azienda di auto di lusso, si lavora 33 ore e mezzo a settimana. C’è poi Intesa Sanpaolo, istituto bancario, che propone ai dipendenti una settimana corta da 9 ore lavorative al giorno e 4 mesi di smart working all’anno.

Al personale di Intesa Sanpaolo piace la settimana corta

Intesa Sanpaolo è stata la prima grande azienda a inizio 2023 a introdurre nel nuovo modello organizzativo del lavoro la settimana corta. Ha chiesto l’abilitazione circa il 70% di coloro che la potevano richiedere (personale full time della governance e di alcune filiali, in totale circa 29.500 persone). Di questi il 46% nel corso del 2023 ha utilizzato la settimana corta, per un totale di oltre 46.700 settimane. Il dato è in crescita (in particolare in termini di fruizione) anche in considerazione dell’esperienza fatta nel corso del tempo. Il nuovo modello organizzativo del lavoro permette di integrare tra loro più strumenti, su base volontaria e a parità di retribuzione: il lavoro agile, la flessibilità di orario e la settimana corta.

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La settimana corta di lavoro in Europa

Anche in Europa il tema della settimana corta è ricorrente e in diversi Paesi sono partite sperimentazioni di vario tipo. In Islanda, ad esempio, tra il 2015 e il 2019, la settimana lavorativa di 4 giorni è stata adottata, con successo, nel settore pubblico. Nel Regno Unito sono oltre 72 aziende con più di 3.300 dipendenti che stanno partecipando un progetto di sei mesi in cui i dipendenti lavorano l’80% delle ore previste e si impegnano a raggiungere gli stessi risultati che si otterrebbero lavorando cinque giorni alla settimana. I risultati iniziali sono stati positivi, con un aumento medio dei ricavi aziendali dell’8% e una riduzione dell’assenteismo. Altri Paesi che stanno pensando al tema e avviando sperimentazioni sono Spagna, Belgio, Finlandia, Svezia e Germania.

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