Per chi non rispetta gli obblighi di mantenimento dei figli e di visita con l’altro genitore scatta la linea dura. O almeno così sembra, stando a due sentenze che stanno facendo discutere. Si tratta delle prime nel loro genere, perché arrivano dopo l’entrata in vigore della riforma Cartabia e avrebbero l’obiettivo di ridurre i tempi della giustizia quando si tratta di obblighi di mantenimento dei figli, dopo una separazione o divorzio, o del rispetto del diritto di visita ai figli “contesi”.

Quando non si versa l’assegno di mantenimento del figlio

Il primo caso su cui si è pronunciato il giudice della sezione Famiglia del Tribunale di Verona riguarda un caso piuttosto frequente: un genitore – nello specifico qui si riferisce a un padre – che disattende l’obbligo di versamento dell’assegno di mantenimento per il figlio, dopo la separazione o divorzio. Situazioni che sono all’ordine del giorno, secondo gli addetti ai lavori: «Purtroppo non ci sono dati statistici, ma l’esperienza ci dice che sono molti i casi di coniugi che si sottraggono all’obbligo di mantenimento dei figli, mettendo in difficoltà l’ex coniuge che si deve accollare interamente le spese quotidiane», conferma l’avvocata divorzista Claudia Rabellino Becce.

Sentenza “innovativa” grazie alla riforma Cartabia

In questo caso il Tribunale ha deciso di condannare l’uomo a una multa di 100 per ogni giorno di ritardo nel versamento dell’assegno all’ex coniuge. Questo è stato possibile grazie a un articolo (473-bis 39, primo comma, lett. B), che «prevede espressamente che atteggiamenti scorretti dei genitori, come il mancato versamento dell’assegno di mantenimento per i figli (o anche la violazione di quanto previsto per i tempi di visita) siano sanzionati, anche senza che le parti lo richiedano», sottolinea l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani.

Prima di tutto gli interessi dei minori

«Il giudice, dunque, ha fatto bene ad applicare quanto previsto dalla legge e noi avvocati non possiamo che esserne contenti. Lo ha fatto in nome del superiore interesse dei minori, perché un figlio che non riceve quanto gli spetta o non può vedere l’altro genitore certamente è la principale parte lesa. Purtroppo – aggiunge Gassani – troppo spesso molti genitori giocano sporco nella loro battaglia contro l’ex coniuge e non fanno il loro dovere anche quando possono. Perché, se per motivi economici sono in difficoltà nel pagare l’assegno di mantenimento, possono chiedere un esonero presentando istanza. Se non lo fanno, invece, significa che utilizzano i figli come “bottino di guerra”. Nel 2025 noi matrimonialisti-divorzisti non vorremmo più trovarci in situazioni di questo genere».

Non pagare l’assegno di mantenimento è un reato

Disattendere l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento ai figli, infatti, è un reato penale nel caso in cui volontariamente ci si rifiuti di farlo: «È chiaro che ogni storia è a sé, bisogna verificare caso per caso. Ma se un genitore non paga pur potendo farlo va sanzionato. Se, invece, si trova in condizioni di disoccupazione, grave malattia o inabilità al lavoro, il giudice può anche non comminare alcuna multa, valutando la situazione. Ma io credo che la sanzione pecuniaria sia un ottimo deterrente: mettere le mani nelle tasche degli inadempienti può avere un valore “pedagogico”», aggiunge Gassani.

Cosa succede se non si paga l’assegno di mantenimento?

Finora in caso di mancato rispetto dell’ordine del giudice, quindi quando un genitore si rifiutava o di fatto eludeva l’obbligo di versare la quota di mantenimento all’ex coniuge, la parte lesa poteva (e può tuttora) presentare querela e istanza per procedere con il pignoramento. Si poteva chiedere, quindi, di agire legalmente e fiscalmente sui beni in possesso del genitore inadempiente, come stipendio o conto corrente. In alcuni casi estremi, inoltre, è possibile coinvolgere i nonni, per garantire il sostegno economico dei nipoti. Gli zii, invece, possono essere chiamati in causa solo in casi eccezionali, se il giudice lo ritiene necessario.

Niente compensazione delle spese

Nel caso specifico sul cui è intervenuto il giudice di Verona, l’uomo si era difeso spiegando di aver sostenuto interamente alcune spese per i figli, dunque di sentirsi “esonerato” dal versamento dell’assegno mensile per i minori. Ma per il giudice Massimo Vaccari queste uscite non erano dimostrabili e l’eventuale compensazione «non esonera l’uomo dal dover rispettare l’ordinanza (…) che, nelle more dell’audizione dei figli sul loro affidamento, quantificava in 300 euro al mese il contributo alla moglie per il mantenimento dei ragazzi». I casi di inadempienze, come indicano gli avvocati, sono però numerose e non sempre bastano gli strumenti a disposizione.

Quando i genitori mentono

«Purtroppo esistono molti metodi per eludere gli obblighi: spesso il genitore tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento si finge nullatenente o ricorre a intestazioni fittizie di proprietà per evitare pignoramenti. A volte si arriva anche ad addurre la perdita di un lavoro, ricorrendo poi a forme di sostentamento “non trasparenti”, non ufficiali – spiega Rabellino Becce – Anche se è possibile chiedere un’indagine patrimoniale per verificare la reale consistenza di un patrimonio, poi, nel caso questo sia dimostrata, passa molto tempo prima di arrivare a un pronunciamento del tribunale che sanzioni il colpevole».

Gli oneri per chi non riceve l’assegno di mantenimento

Per questo la sentenza del giudice di Verona è importante: «I mezzi di coercizione che il nostro ordinamento mette a disposizione richiedono tempi spesso troppo lunghi, oltre a dei costi che nel frattempo chi presenza istanza deve sostenere. Nella fattispecie, il genitore in posizione economica più fragile, che non riceve l’assegno per il figlio, deve provvedere al suo mantenimento da solo. Se poi l’altra parte si finge nullatenente, neppure il pignoramento è efficace, perché non risulta nulla da poter pignorare. È un po’ quello che accade col recupero crediti: il debitore paradossalmente si trova in “vantaggio” rispetto a chi deve ricevere legittimamente il denaro», osserva Rabellino Becce.

Rispettare gli obblighi di visita

Anche l’altro caso su cui si è pronunciato il giudice è molto frequente nell’ambito delle separazioni e dei divorzi. Nello specifico una donna aveva impedito all’ex coniuge di poter vedere il figlio, tenendolo persino all’estero dove lei stessa risiede. Il marito, che lo scorso gennaio aveva già ricevuto 3.000 euro a titolo di risarcimento danni, non si è comunque dato per vinto, chiedendo che sia rispettato il diritto di frequentazione, come già stabilito dal giudice. Ora il Tribunale di Verona ha deciso per una multa di 200 euro per ogni giorno di ritardo da parte della madre del figlio “conteso” fino a che questo non possa incontrare il padre.

Linea dura contro le inadempienze

Anche in questo caso, quindi, il giudice è intervenuto decidendo per una sanzione pecuniaria. «Di fatto la riforma Cartabia dà la possibilità al giudice, in caso di gravi inadempienze, di agire d’ufficio, anche senza che ci sia un ricorrente, quindi l’altro genitore che fa ricorso. È un provvedimento dettato da ragioni di urgenza, che di fatto riduce i tempi della giustizia e che tutela il minore». Anche in quest ocaso, nella realtà non si può escludere che la donna continui a violare l’obbligo o che ricorra ad altre pratiche manipolatorie con il figlio ai danni dell’altro genitore: «L’alienazione parentale è uno dei rischi, ma è un tema molto delicato e spesso vi si fa ricorso in malafede. In questo caso si spera che la multa sia un deterrente», conclude Rabellino Becce.