E chi lo ferma più! Maurizio Lastrico tra teatro, cinema, cabaret e fiction (è uno dei protagonisti della serie Netflix Maschi Veri) quest’anno si prodiga ovunque sconfessando ogni cliché sui liguri con una generosità che rasenta l’ubiquità. Il 46enne attore e comico genovese è uno che non si risparmia. Quando porta in scena Sul Lastrico, il suo “one man show” in tournée per l’Italia fino ad agosto, corre sul palco per «un’ora e mezza senza intervallo», come scritto nella presentazione, raccontando con ironia «la sua vita, le gioie e le sfighe». Non contento, a fine serata, si presenta pure nel foyer per fare selfie con il pubblico. «Sono i miei datori di lavoro, belìn!» scherza lui, con l’intercalare genovese. «Mi appaga incontrare la gente di persona, visto che questo mondo è fatto di mille relazioni virtuali, dove tutti chiedono amicizia e like a distanza. Sarà che vengo da un paese di provincia (Sant’Olcese, 6.000 abitanti a nord di Genova, ndr) o che ho fatto per anni l’animatore, ma cerco quel contatto che rischia di perdersi».
Maurizio Lastrico tra teatro, cinema, cabaret e fiction
E mentre continua a suscitare risate con gli endecasillabi danteschi che l’hanno reso celebre in programmi come Zelig – «Nel mezzo dei casin di nostra vita», «Lasciate ogni menata voi che entrate» conquista sempre più ruoli sul grande e piccolo schermo. L’abbiamo visto in FolleMente di Paolo Genovese, successo cinematografico degli ultimi mesi, ma anche nella prima serata Rai in Miss Fallaci, storia della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci (interpretata da Miriam Leone), in cui Lastrico ha indossato i completi e la serietà di Alfredo Pieroni, giornalista del Corriere della Sera e amore della reporter negli anni ’50. E, in attesa di girare la terza stagione della serie Sky Call My Agent, Maurizio Lastrico è su Netflix in Maschi veri, 8 episodi centrati su un gruppo di 40enni alle prese con il modello maschile in crisi. Dei quattro amici protagonisti – gli altri sono Matteo Martari, Francesco Montanari e Pietro Sermonti – lui interpreta il più insicuro e apparentemente lontano dalla tradizione patriarcale.
Maurizio Lastrico dopo Maschi Veri a cazzeggio tra la comicità di Zelig e il teatro classico

Da anni alterna i pezzi comici alle performance di attore. Ha sempre avuto questa doppia ambizione?
«Quando ero giovanissimo, in realtà, prevaleva lo spirito comico. Suonavo in una band e dicevo scemate tra una canzone e l’altra, poi ho recitato in una compagnia goliardica. A 19 anni ho scelto la mia strada e per entrare alla scuola teatrale dello Stabile di Genova ho fatto il provino con un brano tratto da L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello: era molto impegnativo e ho capito che non ero preparato abbastanza. Quattro anni dopo ce l’ho fatta con un testo di Stefano Benni, studiato invece per tutta l’estate». Da allora ha portato a teatro molti classici, da Shakespeare a Plauto e Sofocle, da Goldoni a Molière.
“Nel mezzo del casin di nostra vita“: come Maurizio Lastrico a ribaltato Dante
È vero che, paradossalmente, proprio allo Stabile è nata l’idea di trasformare le terzine dantesche in qualcosa di buffo?
«I nostri insegnanti usavano l’opera di Dante come esercizio di recitazione, cosa che a me piaceva molto. Mi viene spesso spontaneo prendere in giro, e trasformare, proprio quello che più amo. Così ho reinventato le terzine in chiave comica, poi ho iniziato a costruirle per i miei sketch ed è diventato un lavoro vero».
Il maschilismo contemporaneo nella serie Maschi Veri e al cinema con FolleMente

Romeo e Mattia, i suoi personaggi nel film FolleMente e nella serie Maschi veri, sembrano mostrare le loro vulnerabilità, a differenza degli uomini d’altri tempi. Da comico la divertono più quelli vecchio stampo?
«In realtà è una versione più contemporanea di maschilismo: questi due personaggi si credono lontani da una mascolinità tossica che invece si annida anche in loro.
E raccontare i fallimenti di chi si sente emancipato è molto interessante, per me lo sarebbe anche da comico oltre che da attore».
Qual è il punto debole della mascolinità che la fa ridere di più?
«Il fatto che va molto di moda essere sensibili, come maschi. E c’è chi esibisce e ostenta questo lato ma poi, a guardarlo da vicino, sa essere stronzissimo e risultare tutt’altro».
L’autoironia è la chiave del successo
Nel suo spettacolo, oltre a punzecchiare i liguri, è molto autoironico. Scherza su sua madre che a ogni lavoro le chiedeva: «Almeno ti danno qualcosa?».
«Esagero un po’ sul suo profilo basso, del genere “belìn, guarda che le disgrazie arrivano da un momento all’altro”. Lei ovviamente è felice del mio successo e, fin da quando ero ragazzino, ha capito con grande intelligenza emotiva che dovevo fare i conti con la mia creatività».
I suoi genitori si sono separati quando lei aveva 10 anni e ha rivisto suo padre solo da adulto. L’ironia l’ha aiutata a crescere?
«Diciamo che il cazzeggio mi veniva naturale ed era una specie di status: quelli che facevano ridere entravano nei giri dei ragazzi più grandi. Ho frequentato un centro giovanile di Sant’Olcese dove, fra compiti e giochi, gli educatori tengono d’occhio situazioni di sofferenza insieme a psicologi e assistenti sociali. Lì sono nate le mie amicizie e pure l’indole creativa. E a 20 anni sono diventato educatore anch’io, felice di restare ancorato ai giovanissimi anche nell’umorismo e nella velocità di pensiero».
Da chi ha ereditato lo humour?
«Credo da mio padre, che aveva una comicità caustica, a volte pure un po’ razzista (è scomparso prima che Lastrico debuttasse a Zelig nel 2010, ndr). Il mio umorismo nasce soprattutto dal rapporto con Genova, difatti mi piace molto recitare in dialetto. Tra noi liguri l’affettuosità passa spesso attraverso la presa in giro».
Maurizio Lastrico “one man show” a teatro con Sul Lastrico
Sul Lastrico racconta anche il suo bisogno di essere accettato e l’incredulità di fronte al successo.
«Sì, e tuttora mi sembra strano essere invitato a Roma, avere a disposizione l’auto e il camerino. Da ragazzino per me era un evento anche solo andare in treno fino a Genova, bastavano le scale mobili a farmi sentire in un fantasy. Forse per questo mi è difficile dire di no quando mi propongono film e fiction».
La sua compagna lavora con lei occupandosi del lato organizzativo. Fra i molti impegni, sentite mai il bisogno di staccare?
«Stiamo insieme da 5 anni. È una genovese atipica, nata sul Lago Maggiore, e a suo agio anche nel cazzeggio.
Mi aiuta a studiare la scaletta e i pezzi, a decidere se dire o no alcune battute. Facciamo insieme questa vita un po’ raminga e spesso anche in vacanza finisco per mettermi a scrivere».
Ha mai l’ansia di dover far ridere a tutti i costi?
«Un po’ sì, lo confesso. Perché la nostra identità ce la danno gli altri, no? Però vorrei anche far ridere in modo non banale, cerco in ogni battuta qualcosa di bello e di mio».