Biorivitalizzazione

Biorivitalizzazione, e la pelle stressata torna a splendere

Di solito è il primo trattamento suggerito in ambito medico estetico. Ma solo se la pelle ne ha davvero bisogno. Ne parliamo con le esperte

Se nei cambi di stagione la pelle appare talmente “provata” da non risollevarsi nemmeno con i cosmetici urto, forse è il caso di ricorrere alla biorivitalizzazione. Come si può intuire dalla parola, è un trattamento che rivitalizza la pelle, da effettuare presso l’ambulatorio del dermatologo o del medico estetico. Ma dont’ panic, non è nulla di stravolgente né di particolarmente impegnativo, poiché è a bassissima invasività e rientra più nella categoria della cura della pelle che in quella della correzione degli inestetismi del viso (come nel caso dei filler anti-rughe). Proprio per questo aspetto, ci sono tanti buoni motivi per regalarsi un trattamento bioviritalizzante dopo l’estate o prima della primavera.

Che cos’è la biorivitalizzazione

Nonostante faccia parte dell’ambito della medicina estetica, la biorivitalizzazione è un trattamento soft, poiché mira a curare la pelle anziché a correggere i difetti del viso. «Agisce come una potente cura ricostituente della cute sciupata e disidratata, e per questo spesso rappresenta il primo step delle cure dermatologiche tramite sostanze iniettive. Non è raro, infatti, che ci si avvicini alla medicina estetica tramite un trattamento biorivitalizzante, ma questo non deve indurre a prenderlo sottogamba: si tratta pur sempre di un intervento medico» precisa la dottoressa Eliana Lanza, medico estetico a Catania.

In cosa consiste di preciso la biorivitalizzazione? «In tanti microfiller diffusi su tutto il viso e, in molti casi, collo e décolleté. Il trattamento biorivitalizzante si effettua con diverse iniezioni che, attraverso micro-aghi specifici, infondono nella pelle varie sostanze benefiche, come acido ialuronico, vitamine e aminoacidi. Il trattamento non è doloroso poiché le iniezioni sono molto superficiali, subito dopo sul viso si formano dei pomfi che spariscono nel giro di qualche ora.

A cosa serve la biorivitalizzazione?

Lo scopo principale della biorivitalizzazione è quello di idratare a fondo la cute e di darle una sferzata di energia. «Gli effetti finali dipendono dalle sostanze che si utilizzano, sia come ingredienti (che son sempre bio-compatibili) che come tipo di filler biorivitalizzanti.

Si possono utilizzare filler molto fluidi, composti cioè da molecole di acido ialuronico non cross-linkato unito a vitamine e aminoacidi, e prodotti più strutturati sotto forma di gel che in più contengono glicerolo, una sostanza che migliora la texture e la luminosità della pelle». Ma occhio: pur essendo filler, non vanno confusi con i filler riempitivi a base di acido ialuronico più o meno denso che riempiono le rughe.

Quando fare la biorivitalizzazione?

L’età non è un vero e proprio spartiacque, dato che i trattamenti biorivitalizzanti sono indicati anche per persone giovani, a partire dai 30 anni. È la pelle a decidere se sia il caso o meno di sottoporsi alle “punturine ernergizzanti”.

«Se la cute appare sciupata, poco tonica e disidratata, come spesso succede dopo lunghe esposizioni solari, la biorivitalizzazione può rimetterla in sesto. In genere, è dai 40 anni che la pelle accusa i primi segni del photoaging, ecco perché sono trattamenti ideali dopo l’estate o nei cambi di stagione. Ma i raggi UV non sono gli unici responsabili dell’aspetto “provato” della pelle, a ciò si aggiungono: la carenza di sonno, l’alimentazione povera di nutrienti e lo stress cronico» spiega la dottoressa Lanza.

I risultati? Una pelle idratata, luminosa, come nutrita e tonificata dall’interno.

E quando non farla

Se la pelle più che stressata appare invecchiata (leggi: con rughe più o meno diffuse, tendenza a cedere verso il basso e colorito opaco), la biorivitalizzazione può non essere sufficiente. «In caso di segni di invecchiamento evidenti, occorre rivolgersi alla brioristrutturazione, un trattamento che, per la comune radice (bio-) viene spesso confuso con la rivitalizzazione ma che differisce per il livello di profondità» spiega la dottoressa Maria Rosa Romeo, chirurgo plastico e medico estetico a Torino.

Che differenza c’è tra biorivitalizzazione e bioristrutturazione?

Detta anche biostimolazione, la bioristrutturazione è un trattamento che – come dice la parola stessa – ristruttura la pelle nel profondo poiché la stimola a rigenerarsi. Cosa vuol dire? Che stimola i fibroblasti, ovvero le cellule deputate alla produzione di collagene, a lavorare meglio e di più. E poiché il collagene è la sostanza su cui si fonda la bellezza della pelle, si comprende bene come la bioristrutturazione possa risultare efficace in caso di pelle con segni di invecchiamento. Il collagene dona elasticità, compattezza, tonicità. In sostanza, contrasta la tendenza a cedere e a “incresparsi” in rughe e linee di espressione. Tuttavia, un buon trattamento biostimolante/bioristrutturante stimola anche la produzione di acido ialuronico, aumentando l’idratazione, e di elastina, un’altra sostanza chiave dell’elasticità cutanea.

I risultati della bioristrutturazione

La pelle risulta più tonica, elastica e compatta. Le rughe sono attenuate e la texture migliorata. Anche la luminosità risulta aumentata, come se la pelle avesse ricevuto un booster illuminante. I risultati si evidenziano maggiormente nell’arco di 3 mesi, dopo i quali la pelle comincia a produrre più collagene per ristrutturarsi a fondo.

La durata? Circa 6 mesi, poi è necessario un ritocco per mantenere alta la produzione di collagene più le altre sostanze che rendono bella la pelle, come acido ialuronico ed elastina.

Riproduzione riservata