Kourtney Mary Kardashian Barker
Kourtney Kardashian ha lanciato l'ultimo trend: bere il proprio latte

Che senso ha bersi il latte materno?

Aumenta la tendenza tra le star, soprattutto americane, di bere il latte materno come “ricostituente”: in realtà non ci sono studi che ne dimostrino la validità, dice l'esperta

Il latte materno è ricco di nutrienti, vitamine ed è consigliato per i neonati perché permette di rafforzarne il sistema immunitario. Ma cosa accade se si beve da adulti? A quanto pare in molti sono convinti che le sue proprietà benefiche possano valere anche quando non si è più piccoli. Come nel caso di Kourtney Mary Kardashian Barker, diventata mamma per la quarta volta lo scorso novembre. A raccontare la sua esperienza è stata lei stessa che, dal proprio account Instagram, ha spiegato: «Ho appena bevuto un bicchiere di latte materno, perché mi sentivo poco bene». Ma davvero fa bene a tutti e sempre? Lo abbiamo chiesto all’esperta nutrizionista Monica Germani.

La Kardashian e il latte materno come “rinforzo”

Quella del milk drinking, ossia bere da adulti il latte materno, sta diventando una tendenza affermata, specie tra alcuni vip. Il caso più recente è quello di Kourtney Kardashian, l’influencer 49enne, moglie di Travis Barker, batterista dei Blink-182, e soprattutto volto noto specie negli Usa, grazie alle numerose presenze in tv con le sorelle Kim e Khloé, il fratello Rob, e le sorellastre Kendall Jenner e Kylie Jenner, oltreché con la madre Kris Jenner. È stata lei a dire di aver bevuto del latte materno perché si sentiva «male». Insomma, come ricostituente per riprendersi dalle fatiche quotidiane.

Kourtney Mary Kardashian Barker

Il milk drinking va di moda

Il post con cui l’imprenditrice (e madre di 4 figli, l’ultimo dei quali, Rocky Thirteen ha 5 mesi) ha rivelato ai suoi 224 milioni di followers il suo “segreto di salute”, ha totalizzato numerosissimi like e c’è da giurare che in molti seguiranno il suo esempio. Lei che, oltre a vivere in una famiglia allargata che comprende anche i tre figli del compagno avuti dal precedente matrimonio, non è nuova a mostrarsi mentre si tira il latte per il suo ultimogenito, lanciando messaggi di sostegno alle neomamme alle prese con i cambiamenti del proprio corpo e la fatica che accompagna il periodo post-parto.

Bere il latte materno da adulti fa bene?

Ma come spiega l’edizione inglese di Vogue, «quanto latte si dovrebbe bere da adulti, sulla base del fabbisogno giornaliero (o “se” occorra berne) è ancora oggetto di dibattito». In effetti sono anche molti i nutrizionisti che sottolineano come l’uomo sia l’unico animale a continuare a berne anche una volta terminata la crescita. Ma allora fa bene o no? La domanda riguarda soprattutto le donne, di cui è nota l’importanza di un corretto apporto di calcio, specie dopo i 40 anni e con l’avvicinarsi della menopausa.

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Latte materno: cosa dice l’esperta

«Attualmente non ci sono studi scientifici che dimostrino i benefici del latte materno nell’adulto. O, perlomeno, non abbiamo dati sufficienti per poterlo affermare: per gli adulti, quindi, sarebbe meglio evitare. Ma bisognerebbe anche capire se il latte materno in questione è completo di tutti i nutrienti, quindi qual è il suo valore. Sul latte vaccino in commercio, infatti, sono effettuati adeguati controlli» la nutrizionista Monica Germani. «Ad oggi quindi sarebbe più indicato usare gli altri tipi, mentre è confermato che il latte materno è indicato nei bambini fino ai sei mesi, per il loro accrescimento».

Cosa fare contro la stanchezza

Per contrastare il senso di stanchezza, «nei periodi di stress, consiglierei piuttosto di occorre controllare alcuni valori e far sì che non vengano meno particolari nutrienti. Il primo è avere un giusto apporto di alimenti che riescono a stimolare le difese immunitarie, come le vitamine A, C ed E. È importante anche controllare i livelli di vitamina D, la cui carenza riduce le difese immunitarie e ha un impatto negativo sull’irritabilità e la stanchezza. Poi non bisogna far venir meno cibi che contengono il triptofano, un precursore della serotonina, il cosiddetto ormone della felicità che ci dà senso di benessere, e controllare di non soffrire di disbiosi intestinale», chiarisce la nutrizionista, riferendosi all’alterazione del microbiota.

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Latte e latticini: sì o no?

Proprio il triptofano è contenuto in latte e latticini come yogurt e formaggi. Ma allora è utile consumarne per sentirsi meno stanchi? «Il latte è un precursore della serotonina, perché ricco di triptofano. Il corretto apporto sarebbe di 3 porzioni da 125 ml al giorno tra latte e yogurt, secondo le linee guida del Ministero della Salute. Possiamo consumare tre porzioni alla settimana di formaggi, che hanno la stessa funzionalità del latte. Significa 100 grammi se si tratta di formaggi freschi, 50/80 se sono stagionati. Naturalmente le indicazioni generali vanno poi adattate in caso di patologie specifiche».

Lo stress e l’intolleranza al lattosio: che fare?

«Chi soffre di intolleranza al lattosio o disbiosi intestinale, che può anche essere causata dallo stress, può ricorrere a derivati di latte di asina e capra, ma occorre consultare uno specialista perché verifichi la condizione del singolo soggetto» prosegue l’esperta.« In questi casi, la lattasi, l’enzima che si trova nella parete intestinale e che serve a metabolizzare il lattosio, lavora meno o quasi per nulla. Nel momento in cui si è in questa condizione, non sono indicati i prodotti che contengono il lattosio»

La vitamina D per rinforzare il sistema immunitario

Per evitare senso di stanchezza, dunque, occorre prestare attenzione prima di tutto a non far venir meno i giusti nutrienti. Spesso si tende a voler incrementare l’apporto di alcune vitamine, come la D, per evitare anche la fragilità ossea, aumentando il consumo di alimenti che contengono calcio: «Il modo corretto per verificare se si ha sufficiente vitamina D è effettuare un semplice esame del sangue. Se fosse insufficiente, sarà il medico a prescrivere la corretta integrazione, altrimenti basta preservarne i livelli: il primo consiglio è camminare all’aperto, esporsi ai raggi solari, senza necessariamente andare in spiaggia. I cibi più ricchi sono invece le uova, il pesce, l’olio di fegato di merluzzo (e gli alimenti fortificati che oggi sono in commercio)», consiglia Germani.

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Attenzione alle vitamine A, C ed E

Altri due nutrienti da controllare sono la vitamina A e C: «Sono fondamentali per le difese immunitarie. Il betacarotene è contenuto in tutti i frutti e le verdure gialli e arancioni, la vitamina C in particolare in kiwi e fragole – prosegue la nutrizionista – Quanto alla vitamina E, importante per il contenuto di Omega 6 e di antiossidanti, si trova nell’olio di oliva che ci aiuta anche per la presenza dello squalene», che aiuta a proteggere la pelle dai danni dei raggi solari. In parte viene prodotto dall’organismo umano, ma ne sono ricchi anche l’olio di fegato degli squali e alcuni vegetali come i semi di amaranto, la» crusca di riso, il germe di grano e le olive».

Il contributo degli Omega 3

Un altro potente antiossidante e nutriente interessato nella risposta anti-infiammatoria sono gli Omega 3, contenuti principalmente nel pesce azzurro come acciughe, alici, salmone selvatico e alimentazione sana e varia. Significa che dovrebbe comprendere tre porzioni di frutta e verdura al giorno, due di verdure, carne tre volte alla settimana, pesce quattro volte, legumi almeno quattro, tre volte i formaggi e una o due volte le uova – sottolinea Germani – Questi sono sufficienti, su un soggetto sano, a garantire tutti i nutrienti di cui ha bisogno nei momenti di stress», senza ricorrere a particolari “mode”, dunque.

Mantenere una vita attiva

Infine, un altro aspetto da non trascurare è lo stile di vita: può sembrare un paradosso, ma lasciarsi andare sul divano non fa bene. «Va sempre mantenuto uno stile di vita quanto più attivo possibile, che non significa andare in palestra: basta evitare la sedentarietà. L’eccessiva sedentarietà abbassa i neurotrasmettitori come la serotonina e l’L-Dopa, con il rischio di diventare apatici, provando stanchezza, sonnolenza e quella sensazione di non riuscire ad alzarsi dal divano o aver voglia di fare nulla – prosegue l’esperta – Se poi si avverte un’eccessiva irritabilità andrebbero controllati anche i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress, NdR) tramite esame del sangue o tampone per bocca, e la funzionalità della tiroide».

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