Il tocco mimetico è forse un po’ banale ma evidentemente irrinunciabile. Però compaiono anche jeans e collant strappati, manette e cinturoni, anfibi e cargo a volontà, accanto a qualche idea più raffinata, come l’impeccabile tenuta da spia a caccia di segreti di Stato e la classica divisa da crocerossina. Su TikTok la paura della guerra si affronta (anche) a suon di tutorial, che ti suggeriscono l’outfit ideale in caso di conflitto mondiale. C’è chi giudica questi contenuti irrispettosi e chi ritiene siano, sicuramente discutibili, ma comunque utili a esorcizzare l’angoscia – al pari dei meme dove ci si chiede se si potranno postare storie dal fronte e se l’atomica finirà per ritardare l’arrivo dei pacco di Vinted.

La paura della guerra attraversa le generazioni

L’ansia di chi vede i bombardamenti da lontano, in tv o sui social, al riparo in una città che nessuno minaccia di distruggere, non è paragonabile al trauma di chi la guerra ce l’ha davvero intorno, e addosso. «È una giusta premessa: gli strascichi che i conflitti lasciano in chi la vive in prima persona, sia sul campo di battaglia che da casa, rimangono per sempre, segnando l’individuo e la comunità» suggerisce la dottoressa Giulia Griselli, psicoanalista specializzata in psicologia del benessere e dell’invecchiamento. «Quella paura non passa mai e, anzi, tende a trasmettersi da una generazione all’altra, anche se purtroppo, come tutti i conflitti in atto dimostrano, non è sufficiente per frenare i potenti che la guerra continuano a sceglierla, a dispetto di ciò che la storia insegna».

Esistono metodi migliori, più coraggiosi ed empatici

«I video e i post modaioli rappresentano chiaramente un tentativo di fronteggiare la paura della guerra banalizzandola e sdrammatizzandola» osserva la psicoanalista. «Concentrarsi su aspetti così spensierati può attenuare l’ansia, e il fatto che sui social creino aggregazione fa sentire meno soli. Proviamo, però, a immaginare che davanti a questi contenuti capiti una persona anziana che durante la seconda guerra mondiale ha perso un genitore, un nonno, l’intera famiglia. O una ragazza ucraina che ha dovuto dire addio alla sua vita. Ovvio che provino rabbia e fastidio». Esistono metodi migliori – più efficaci, coraggiosi e duraturi – per cercare di affrontare la paura della guerra, senza urtare i sentimenti di nessuno.

Contro la paura della guerra, fare finta di niente non funziona

La paura è un meccanismo di difesa primario che l’essere umano mette in atto con l’obiettivo di proteggersi da un pericolo, reale o presunto. «Di fronte a questa emozione, la fuga è una reazione naturale e, in molti casi, salvifica» spiega la dottoressa Griselli. «Quando però si traduce in uno scappare dalla realtà – attraverso la negazione di quello che sta succedendo, il rifiuto in blocco di parlarne seriamente e di tenersi aggiornati – l’effetto positivo non può che essere fragile e temporaneo». Pensiamo anche al cambiamento climatico: chi sostiene non sia un’emergenza può sentirsi sollevato, ma cosa capiterà quando non riuscirà più a fingere che tutto vada bene? «Bisogna trovare una via di mezzo tra l’ossessione, che porta alcuni a leggere in modo compulsivo qualsiasi news, e la tentazione di infilare la testa sotto la sabbia».

Tenersi informati è la vera soluzione

Chi ha una buona conoscenza della storia internazionale – anche recente – si è certamente stupito meno di quello che sta succedendo adesso, nel mondo. Non vuol dire che non si senta angosciato e che non abbia paura di sviluppi e conseguenze, ma di sicuro i suoi timori sono più motivati, precisi e, quindi, anche più gestibili dell’orrore smisurato che trasmette l’ignoto. «La conoscenza resta la chiave per affrontare la paura della guerra» chiarisce la dottoressa Griselli. «Bisogna scegliere con attenzione fonti serie, giornali e siti autorevoli, e tenersi informati. Occhio al mare magnum di Internet e dei social: circolano contenuti fake, anche realizzati con l’intelligenza artificiale, che possono trarre in inganno facilmente, specie quando si è già un po’ spaventati e, quindi, più vulnerabili».

Dall’impotenza all’azione

La paura della guerra si mescola al senso di ingiustizia e a quello di impotenza, che amplifica i timori: di fronte alla situazione geopolitica, abbiamo tutti la percezione di non poter fare nulla. «E invece qualcosa possiamo e dobbiamo fare» dice la dottoressa Griselli. «Piccoli gesti come una donazione – anche attraverso il 5×1000 – a una delle associazioni che sensibilizzano sul tema e aiutano le gente intrappolata nelle zone martoriate dalla guerra. O anche qualche post che rilanci notizie – ovviamente attendibili – su quello che sta succedendo». Per finire, un consiglio di lettura: «Suggerisco “Perché la guerra?”, uno scambio epistolare tra Albert Einstein e Sigmund Freud. Datato 1932, è estremamente attuale, offre uno sguardo lucido sulle radici della violenza. Non offre soluzioni facili, ma contribuisce a trasformare l’angoscia in consapevolezza».