La misura dell’arte della riparazione corrisponde a 200 ml di frullato fragole e banane, fatto con il pesante blender color crema che mia suocera ha comprato negli anni Settanta e che ora svetta come un totem sulla mensola della mia cucina. Mi risulta che si stato riparato due volte, la seconda perché qualcuno ci aveva scordato dentro un cucchiaino. Funziona a meraviglia, per fortuna: se si rompesse, non saprei nemmeno dove portarlo. E anche se lo scoprissi, scommetto che mi consiglierebbero di abbandonarlo e acquistarne uno nuovo. Sicuramente di plastica. L’arte della riparazione è ormai in caduta libera, mentre il mantra dell’usa e getta risuona forte e ovunque. Coinvolge gli oggetti, ma anche le relazioni, i sogni, i progetti di vita.

L’arte della riparazione per una sostenibilità globale

Dagli abiti “low-low” cost alle notizie online, che si scordano dieci secondi dopo averle lette: in questo mondo dove tutto si consuma alla velocità della luce, ci viene insegnato che se qualcosa non è esattamente come vorremmo, o smette di funzionare al cento per cento, la scelta giusta è buttar via e sostituire. “Nella sbrigativa cultura contemporanea, è facile cedere all’idea del taglio netto come risposta a ogni disagio. Di fatto, però, questa mentalità non solo riempie le discariche, ma fa anche strage delle nostre emozioni e relazioni”: lo scrive Simonetta Tassinari, professoressa di storia e filosofia ed esperta di psicologia relazionale e dell’età evolutiva, nel suo Il bello tra le crepe (Feltrinelli). Un manuale che aiuta a riconoscere il valore dell’arte della riparazione e offre tante dritte utili per tornare a padroneggiarla.

Non gioco più, me ne vado

Come mai riparare non va più di moda? Colpa della società del consumismo che, come spiega la professoressa Tassinari, «ci vuole sì liberi, ma di consumare con fretta e superficialità, spingendoci a volere tutto e subito, convincendoci che non vale la pena di curarsi di nulla se non della perfezione – che chiaramente non esiste». Altro che arte della riparazione: al primo intoppo, si lascia perdere. Si cambia, si ricambia, e si passa di nuovo oltre, senza mai sentirsi pienamente soddisfatti. Di quello che abbiamo nel guardaroba, ma pure nel cuore.

Le relazioni e l’arte della riparazione

Tensioni e complicazioni non piacciono a nessuno, è normale cercare di evitarle. Ma quando riguardano rapporti di coppia e di amicizia a cui teniamo, l’arte della riparazione dovrebbe prendere il sopravvento: i problemi vanno affrontati, senza scappare.

A volte, la sofferenza immediata di un addio pare preferibile all’impegno necessario per aggiustare un’intesa entrata in crisi, che implica confrontarsi con l’altro e guardarsi dentro

suggerisce Tassinari. «Questa reazione, che di fatto è una fuga, può scattare anche quando alla relazione, in realtà, servirebbe solo un po’ di sana manutenzione. Capita, ad esempio, di lasciare compagni che, in fondo, ci piacciono e ci fanno stare bene, ma che si rivelano diversi da come ci eravamo immaginati, o di voltare le spalle ad amici che stanno attraversando un periodo difficile e non riescono a prestarci ascolto come facevano in passato». Ma le incomprensioni, spesso, possono essere risolte. A patto di mettersi in discussione.

Quando serve una giornata di riflessione

Stravolgere tutto e continuare a buttare via le cose – un sogno che non si realizza, un lavoro che andrebbe ripensato, un rapporto che zoppica – può offrire una sensazione temporanea di sollievo. «A cui, però, subentra un senso di incompiutezza» osserva la professoressa Tassinari. Il primo passo per imparare l’arte della riparazione frenando questa incessante ricerca di qualcosa di nuovo, che riesca a soddisfarci di più? «Fermiamoci e prendiamoci un giorno tutto per noi, per stare da soli e riflettere. Cosa e chi vorremmo davvero nella nostra esistenza? Teniamo a mente che il cervello è programmato per cercare gratificazioni immediate: la percezione del valore di un progetto a lungo termine spesso sfugge. Ma investire nella cura di ciò che già abbiamo può portarci a conquistare, finalmente, un gioia vera e una vita più ricca».

L’arte della riparazione non contempla la fretta

Per rispolverare l’arte della riparazione, un’altra dritta utile è vecchia come il mondo: pensa prima di parlare e di agire. «L’abitudine all’usa e getta ha alla base la tendenza a reagire d’impulso, sull’onda delle emozioni del momento» spiega la professoressa Tassinari. «Ovviamente esistono situazioni non riparabili, da cui è meglio fuggire a gambe levate – i rapporti tossici, ad esempio. In altre occasioni, però, basta aspettare: una volta recuperate la calma e la lucidità, forse riusciremo a renderci conto che stavamo per buttare qualcosa di buono che, con la giusta attenzione, potrà diventare molto buono e rifiorire. Non vuol dire accontentarsi, anzi: significa scegliere la strada dell’impegno, dei compromessi e dei piccoli passi. Ci porterà lontano, verso situazioni e stati d’animo stabili e positivi, a prova di obsolescenza programmata».