Ricordo ancora il vestito della mia laurea. Un body nero con maniche a tre quarti abbinato a una gonna a sigaretta cachi che mi dava, secondo i miei parametri del tempo, un’aria troppo seria. Perché sì, anche allora la domanda “cosa mi metto?” mi sembrava più complicata del dovuto – soprattutto quando si parla di cerimonie. Benché l’occasione richiedesse in effetti un certo grado di serietà, decisi all’ultimo di ravvivare l’insieme legando sui fianchi uno scialle andaluso con frange e fiori su fondo nero. Il risultato fu che la commissione, al termine della discussione, non poté fare a meno di commentare: “Complimenti per il look, molto calviniano”. Il riferimento era a Italo Calvino, su cui era incentrata la mia tesi, e ancora a distanza di anni mi chiedo se fosse un apprezzamento sincero o solo una simpatica presa in giro. Sta di fatto che mi sentivo molto a mio agio nella mia mise “cosmicomica”, pur essendo la scelta del look forse l’ultimo dei miei pensieri nei preparativi di quel giorno importante.
Quando l’abito entra nella lista delle priorità
Oggi non dico che sia la prima preoccupazione, ma nella classifica delle priorità occupa una discreta posizione. Più o meno tra la location per la festa e la scelta del colore della tesi. Insomma, un tema. Ne ho preso atto negli ultimi anni, grazie alla sequela di triennali e magistrali delle figlie delle amiche, con immancabile richiesta di dritte su brand e negozi in cui andare per trovare l’outfit perfetto. Lavorando da anni nei femminili e avendo fama di scialacquatrice di stipendi per futili motivi (leggi: shopping addiction), mi sono guadagnata tra la progenie degli amici una discreta autorevolezza in materia.
Il grande giorno… di mia figlia
Finché non è arrivato il mio turno. Quando mia figlia mi ha detto: «Mi accompagni a scegliere il vestito per la laurea?», ho avuto una specie di mancamento. Essendo stata privata delle gioie del suo 18esimo (lo ha festeggiato in pieno Covid a casa, povera creatura, in ottemperanza ai divieti del fu governo Conte e modestissima gratificazione sullo styling), immaginate con quale entusiasmo mi sono lanciata nella ricerca, facendo in modo di non disattendere le linee guida, ovvero sobrietà con un tocco di fantasia. Chi meglio della sottoscritta, “calviniana” di lungo corso?
Il tour dei negozi (e dei no)
Morale: dopo averle imposto un tour fallimentare nelle boutique “fighette e un po’ strambe” (cito dalla laureanda) da cui mi approvvigiono di sovente, ci siamo orientate sui grandi classici. Ovvero gli store grandi-firme, dove qualcosa di giusto per le occasioni speciali si trova sempre. Ma non per lei. Essendo fermamente intenzionata a trovare qualcosa di elegante ma non troppo formale, originale ma senza esagerare. Tradotto: no tailleur in colori confetto. No abitini da educanda. No tacchi. No sbuffi. No pantaloni seventy scivolati e scicchissimi, che a un certo punto ha provato e che le stavano d’incanto ma che trasgredivano al diktat “no pantaloni”. Mentre io mi arrovellavo per strappare un cenno di approvazione in quella selva di negazioni e sbuffi insoddisfatti, solerti commesse si avvicendavano nei camerini con montagne di vestiti che indisponevano la festeggiata, poco abituata a quelle attenzioni e grande fan del pre-loved.
Colpo di fulmine e sensi di colpa
Finché è arrivato lui. Il capo dei sogni. Un abito folk con crochet sul davanti per cui la fanciulla ha perso la testa. Bello era bello, ma siamo sicure che fosse adatto per la circostanza? Non era meglio il vestitino di seta? O quella camicetta con la gonna bon ton? Nel dubbio, ho strisciato la carta. Ma l’aria nel frattempo si è guastata. E mentre lei tornando a casa si macerava tra malumori e incertezze, io venivo assalita dai sensi di colpa per essere stata forse troppo intrusiva rispetto alle sue decisioni. La notte per fortuna ha portato consiglio. E il giorno dopo un outfit corredato degli accessori giusti (pensati uno a uno alle prime luci dell’alba e ripescati tra le mie cose) ha fatto felici entrambe. Fiuuuu.
Le cerimonie e il “cosa mi metto”: ecco il consiglio sempreverde
Ma è mai possibile, mi sono detta, che uno rischi di rovinarsi la festa o le cerimonie solo per colpa del “cosa mi metto?”. Tra lauree, fiori d’arancio e comunioni, tra aprile e maggio si apre la stagione. Tanti i consigli, una sola la regola: scegliete un abito che vi faccia stare bene. Dopo due ore sarà tutto sgualcito, a renderlo immortale è l’emozione.