Niente ergastolo per Davide Fontana, il 44enne bancario di Rescaldina, nel Milanese, che nel gennaio del 2022 uccise la 26enne Carol Maltesi durante le riprese di un video hard casalingo e poi ne fece a pezzi il corpo. L’uomo è stato condannato a 30 anni di carcere e non alla massima pena, come chiedeva il pm. Secondo i giudici, infatti, non vi fu premeditazione e nemmeno le aggravanti dei motivi futili o abietti e della crudeltà. A distanza di un mese dal verdetto della Corte d’Assise di Busto Arsizio – presieduta dal giudice Giuseppe Fazio – le motivazioni della sentenza fanno discutere. La ragazza viene definita dai giudici “disinibita”; l’uomo, secondo la corte, “si rese conto che ormai, dopo averlo in qualche misura usato, Maltesi si stava allontanando da lui, scaricandolo” e andando a vivere altrove.

Davide Fontana
Davide Fontana

Un delitto raccapricciante

Davide Fontana uccise Carol Maltesi l’11 gennaio 2022 nella sua casa di Rescaldina prendendola a martellate e infliggendole una coltellata alla gola. Poi ne face a pezzi il corpo che fu trovato mesi dopo nel Bresciano, dentro alcuni sacchi dell’immondizia. L’ennesimo caso di femminicidio che in Italia vede sempre più donne uccise dai partner.

Il giudice: “Lei disinibita, killer si sentì usato”

Stanno facendo discutere le ragioni che hanno spinto i giudici a non optare per la massima pena a carico di Davide Fontana. Secondo la corte “non vi fu premeditazione e nemmeno le aggravanti dei motivi futili o abietti e della crudeltà”. Il movente di Fontana, a parere dei giudici, non sarebbe stata la gelosia (la ragazza aveva anche altri rapporti che l’uomo accettava e insieme realizzavano video hard postati su OnlyFans). L’omicida, si legge nelle motivazioni della sentenza, “si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo aveva usato e ciò ha scatenato l’azione omicida”.

Carol Maltesi

“Stereotipi giustificano il femminicidio”

Le motivazioni dei giudici hanno fatto alzare un vespaio di polemiche. Attribuendo aggettivi come “disinibita” alla ragazza e sottolineando come lui si sia sentito “usato” da lei è un po’ come dire: se si fosse comportata in un altro modo, forse quella donna non sarebbe stata uccisa. Simona Lanzoni, vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice della Rete Reama, parla di “stereotipi di genere che colpevolizzano una donna uccisa e giustificano il femminicidio tanto da diminuire la pena e rigettare la richiesta di ergastolo. Una sentenza che non rende giustizia a Carol e a tutte le donne vittime di violenza anzi, perpetra una ulteriore violazione da parte della magistratura che rappresenta lo Stato Italiano e la sua giustizia”.

Niente ergastolo perché “lei era disinibita”

Protesta anche Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Giustizia. “Carol Maltesi, ragazza di 26 anni – osserva la parlamentare – è stata massacrata, torturata, ammazzata in maniera atroce, nascosta in un congelatore e poi gettata dentro alcuni sacchi in un dirupo: i giudici negano l’ergastolo al suo assassino perché ‘lei era disinibita, lui si sentì usato, era innamorato perdutamente’ e dunque agì senza premeditazione”.

Carol Maltesi

Il giudice: “Stesse parole se fosse stata suora”

Il presidente della Corte d’Assise, Giuseppe Fazio, in un’intervista al “Corriere della Sera”, di fronte a chi parla di “stereotipi di genere” e “vittimizzazione secondaria” si dice allibito: “E’ il contrario di quello che abbiamo scritto nelle motivazioni. Ora capisco come si poteva sentire un pediatra ai tempi di Erode”. Fazio si dice “convinto di non aver mancato di rispetto a nessuno e non sarebbe stato diverso se la ragazza avesse fatto la suora anziché l’attrice. Se non si capisce ciò che abbiamo scritto, è senz’altro un problema mio: ma anche chi legittimamente critica le motivazioni dovrebbe prima leggerle nella loro concatenazione su concetti giuridici che hanno significato diverso rispetto alla Treccani”. “Non è che ogni processo per un grave delitto debba finire con un ergastolo. – ha detto Fazio -. Qui abbiano fissato la pena base nel massimo dell’omicidio semplice, 24 anni; e aggiunto il massimo della pena per lo scempio del cadavere, 7 anni più 3 di continuazione. Fanno 34 anni, ma il tetto massimo di legge è 30. Però faccia fare a me ora una domanda: con quale spirito tra pochi giorni la mia Corte d’Assise affronterà un altro processo per un fatto altrettanto cruento? Il giudice non è qui apposta per valutare le circostanze? Se no, ci dicano che possono fare a meno del giudice. E, al suo posto, metterci un juke-box”.