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Microplastiche nelle arterie: “Raddoppia il rischio di infarto”

Uno studio italiano mette in luce come le microplastiche si depositino nelle placche delle arterie, aumentando i rischi di infarti e ictus

Dagli imballaggi alimentari ai vestiti, dalle tubature dell’acqua ai giocattoli: la plastica è praticamente ovunque. Si tratta di un materiale fra i più resistenti e longevi, che tuttavia nel suo processo degenerativo rilascia particelle microscopiche nell’ambiente. Queste possono essere ingerite o inalate dalle persone con effetti che, come stanno scoprendo vari studi, sono assai nocivi per la salute. Una ricerca condotta presso l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” getta luce sui rischi legati alla presenza delle microplastiche nelle placche delle arterie umane.

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Microplastiche e rischio di infarto e ictus

La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista “The New England Journal of Medicine”, è stata condotta su 257 pazienti over 65 seguiti per 34 mesi dopo un intervento di endoarterectomia alle carotidi, procedura chirurgica per rimuovere le placche che occludono i vasi, poi osservate al microscopio per valutarvi la presenza di nanoplastiche. La ricerca, coordinata dal professor Giuseppe Paolisso dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha rilevato che quasi il 60% dei pazienti monitorati presentava microplastiche o nanoplastiche (ancora più piccole) nell’arteria principale. Per costoro il rischio di subire un infarto, un ictus o la morte nei circa 34 mesi successivi all’intervento è risultata di 4,5 volte maggiore rispetto a coloro nelle cui arterie non è stato riscontrato materiale plastico.

ricercatrice

Gli enti coinvolti nella ricerca

Lo studio è stato coordinato dal preofessor Giuseppe Paolisso dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e Presidente del CIV dell’IRCCS INRCA, in collaborazione con numerosi enti di ricerca italiani ed esteri, tra cui Harvard Medical School di Boston, dell’IRCSS Multimedica Milano, le Università Politecnica delle Marche (UnivPM), Sapienza e Salerno, e l’IRCSS INRCA di Ancona.

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“Una scoperta rivoluzionaria”

Lo studio italiano è stato accompagnato da un editoriale della rivista “The New England Journal of Medicine” che ha definito la scoperta “rivoluzionaria” perché fornisce per la prima volta la prova che le microplastiche e le nanoplastiche ingerite o inalate sono associate a esiti di malattie cardiovascolari nell’uomo, indicando che le materie plastiche hanno costi sempre più elevati, ormai visibili, per la salute umana e l’ambiente.

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Microplastiche onnipresenti: anche nel corpo umano

Gli scienziati hanno trovato microplastiche praticamente ovunque: nei crostacei come nel latte materno, negli oceani come nell’acqua potabile. Si tratta di contaminanti che spesso richiedono secoli per essere eliminati e che si accumulano negli organismi viventi. L’essere umano non fa eccezione: le microplastiche sono state riscontrate nel sangue e in organi come i polmoni, il fegato e la placenta.

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Le microplastiche nelle placche aterosclerotiche

Le micro e nanoplastiche, onnipresenti, attaccano anche il cuore con effetti dannosi fino ad oggi sconosciuti e mai riscontrati prima. Lo studio italiano rivela, per la prima volta, la loro presenza perfino nelle placche aterosclerotiche, depositi di grasso nelle arterie pericolose per il cuore e fornisce soprattutto prova inedita della loro pericolosità. I dati raccolti mostrano infatti che le placche aterosclerotiche “da inquinamento” sono anche più infiammate della norma, quindi, più friabili ed esposte a rischio di rottura con un aumento almeno 2 volte più alto del rischio di infarti, ictus e mortalità rispetto a placche aterosclerotiche che non sono inquinate di nano-plastica.

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