Giulia Cecchettin
La gigantografia di Giulia Cecchettin appesa all'esterno della Basilica di Santa Giustina a Padova durante i funerali della ragazza

“Femminicidio” è la parola del 2023: la scelta della Treccani

Il 2023 è stato segnato dall'uccisione di 118 donne, spesso da parte di mariti, compagni, fidanzati ed ex. Per sensibilizzare su una piaga intollerabile, che si fonda su una cultura maschilista e patriarcale, la Treccani ha selezionato "femminicidio" come parola dell'anno

La Treccani ha tristemente indicato il termine “femminicidio” come parola simbolo del 2023. Una scelta emblematica che fa riflettere su un fenomeno purtroppo dilagante nel nostro Paese, con 118 donne uccise quest’anno, fino alla data del 26 dicembre. L’Istituto della Enciclopedia Italiana ha selezionato il termine – comparso nella nostra lingua nel 2001 e registrato nei Neologismi Treccani del 2008 – nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua.

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“Femminicidio”: una parola che mira a sensibilizzare

Selezionando la parola “femminicidio”, l’Istituto della Enciclopedia Italiana ha voluto evidenziare “l’urgenza di porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere, per stimolare la riflessione e promuovere un dibattito costruttivo intorno a un tema che è prima di tutto culturale: un’operazione pensata non solo per comprendere il mondo e la società che ci circondano, ma anche per contribuire a responsabilizzare e sensibilizzare ulteriormente lettori e lettrici su una tematica che inevitabilmente si è posizionata al centro dell’attualità”.

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“Un segnale della discriminazione di genere”

Come Osservatorio della lingua italiana – spiega infatti Valeria Della Valle, direttrice scientifica, insieme a Giuseppe Patota, del Vocabolario Treccani – non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola femminicidio in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere. Il termine, perfettamente congruente con i meccanismi che regolano la formazione delle parole in italiano, ha fatto la sua comparsa nella nostra lingua nel 2001 (e fu registrata nei Neologismi Treccani del 2008): da allora si è esteso a macchia d’olio quanto il crimine che ne è il referente“.

Femminicidio

La radice della parola “femminicidio”

La parola “femminicidio” è un sostantivo di genere maschile, composto dal sostantivo “femmina” e dal suffisso “cidio”, derivante dal latino “cidium”, dal tema di caedere, ovvero tagliare, abbattere, rompere, uccidere.

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Le definizione di “femminicidio” secondo la Treccani

Il vocabolario Treccani online definisce così il termine “femminicidio”, connotandone la matrice culturale legata alla società di stampo patriarcale: “Uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica di una donna in quanto tale, espressione di una cultura plurisecolare maschilista e patriarcale che, penetrata nel senso comune anche attraverso la lingua, ha impresso sulla concezione della donna il marchio di una presunta, e sempre infondata, inferiorità  e subordinazione rispetto all’uomo”.

Femminicidio

Donne uccise dai compagni: la lunga scia di sangue del 2023

Il 2023 ha visto ben 118 donne uccise (fino al 26 dicembre), spesso da compagni, mariti e fidanzati che le consideravano oggetti di loro proprietà, molte volte non accettavano la fine della relazione o il fatto di essere stati lasciati. Alcuni casi sono passati quasi sotto silenzio, altri sono saliti alle cronache sensibilizzando l’opinione pubblica su una piaga del nostro Paese, quella della violenza di genere, troppo a lungo sottaciuta e sottovalutata.

Fra i femminicidi più efferati sui quali si sono soffermati a lungo i media, quello di Giulia Tramontano, uccisa il 27 maggio incinta di 7 mesi dal compagno Alessandro Impagnatiello, che aveva una relazione parallela con una collega. E poi il caso di Giulia Cecchettin, massacrata a coltellate dell’ex Filippo Turetta, reo confesso e arrestato in Germania giorni dopo l’uccisione della ragazza.

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