Figli che non arrivano. O che arrivano presto, quando si è ancora a scuola. oppure che capitano, ma in ritardo rispetto allo standard, nello spazio liminale della perimenopausa. E poi, l’istinto materno è una questione di Dna? Un rimasuglio del patriarcato? E se fosse meglio congelarlo, insieme agli ovuli, pregasi ripassare quando ho trovato l’uomo giusto? L’età fertile e la maternità oggi aprono una miriade di scenari. Lo sa bene Barbara Di Gregorio, autrice di Cronache dell’età fertile (Fandango Libri): una raccolta di racconti con protagoniste donne, in cui l’autrice fa il punto sul femminile.

Fino a cento anni fa» spiega «le opzioni erano poche: andare sposa a un tizio a cui facevi otto figli o finire in convento. Oggi invece abbiamo libertà di manovra e, mi pare, sempre meno voglia di maternità

La maternità non è più un dovere

L’Istat le dà ragione: dal 2010 al 2023 il numero medio di figli per donna in Italia è diminuito passando da 1,44 a 1,20. «Le nuove generazioni» prosegue la scrittrice «hanno stimoli maggiori e diversi rispetto al passato. Lo studio, il lavoro, i viaggi, i social sono deterrenti. Si teme di perdersi qualcosa, là fuori, mentre si diventa madri. Il gioco non vale la candela, non alle regole attuali». Un dialogo, quello tra donna e maternità, sospeso ancora tra gabbie di ruoli, contraddizioni, desiderio, rifiuto, e, a volte, porte sbattute in faccia dalla biologia. Per questo, in occasione della Festa della Mamma dell’11 maggio, abbiamo chiesto a 5 donne di raccontarci la loro storia.

Marialusia Malavasi, 25 anni, interior designer, di Brescia: «Mi sono laureata mentre allattavo»

«Ricordo come fosse ieri quelle due linee rosse sul test di gravidanza. Avevo 21 anni, ultimo anno della triennale di Architettura al Politecnico. Tre mesi prima avevo conosciuto Federico a una festa. Ci frequentavamo senza pensieri, come si fa alla nostra età. Quel sabato pomeriggio non riuscivo a concentrarmi sullo studio: avevo due giorni di ritardo, mi sentivo strana. Meglio fare il test e stare tranquilla. Pochi secondi ed ero inequivocabilmente incinta. E nel panico. Ho chiamato i miei genitori. Mia madre si è dovuta sedere. Mio padre, calmo, mi ha detto: “Decidi tu, noi siamo dalla tua parte”. Né io né Federico siamo credenti, ma non abbiamo avuto dubbi: lo volevamo. Il 1° luglio del 2021, 15 giorni prima di laurearmi, è nato Giacomo. Il dopo non è stato facile: Federico ha dovuto lasciare gli studi per lavorare e io, a 3 mesi dal parto, ero già in negozio con mia madre. Nel mentre mandavo curricula, e tutti a storcere il naso: assumere una neolaureata e madre? Per fortuna uno studio mi ha dato fiducia, ora lavoro per loro. Un anno fa la mia storia con Federico purtroppo è finita, vivo sola con Giacomo e la mia routine è un gioco di incastri. Amiche e palestra con il contagocce, ma non rimpiango la mia scelta di maternità e quando mio figlio sarà più grande voglio prendere la magistrale».

Patrizia Cucinella, 52 anni, agente di commercio, di Teramo: «Con la maternità, a 50 anni, è cominciata la vita»

«Mio figlio Damiano, 2 anni e mezzo, dorme in camera sereno. A settembre andrà alla materna e io tornerò a lavorare: ho voluto godermi questa simbiosi con lui. Spesso mi dicono che è un miracolo. Non sono d’accordo: i miracoli capitano, invece Damiano è stato cercatissimo. Mio marito Carlo ed io ci siamo innamorati “da grandi”, a 39 anni, e ce ne abbiamo messi 11 per realizzare il nostro sogno. In mezzo ci sono state diagnosi sbagliate, 11 inseminazioni andate male e una lunga pausa, perché a un certo punto mio marito ed io ci siamo detti: “Basta accanirsi, forse un figlio non deve venire”. Finché non ho preso in braccio mia nipote, appena nata. Lì ho capito e ci abbiamo riprovato. Siamo stati fortunati: Damiano è nato il 9 novembre del 2022. Il 2 agosto avevo compiuto 50 anni. Ho passato quel compleanno a letto, costretta dai medici all’immobilità per uno scollamento, ma felice. Non mi è pesato neanche partorire da sola, causa Covid. Tre giorni dopo siamo usciti dall’ospedale ed è cominciata la vita. Damiano è un bambino ad alto contatto, vivace, una forza della natura. Stanca? Non lo dico mai ad alta voce, tanta è la gioia di averlo con noi. E poi è come se lui sapesse che mamma e papà sono grandi: quando ha cominciato a camminare non ha mai voluto la manina, voleva fare da solo. Niente mal di schiena per noi! Il futuro non mi spaventa: l’ansia non mi appartiene».

Laura Camolli, 37 anni, creator, di Torino: «Sogno un figlio, ma il quando lo deciderò io»

«Sono un’imprenditrice digitale di lifestyle e moda, la mia agenda è un delirio. Desidero dei bambini e penso alla maternità, ma con la persona giusta al momento giusto. Intanto il tempo corre, ti dicono. E se poi non dovessero arrivare? Lo so per esperienza: sono nata da una fecondazione assistita, una delle prime in Italia. Il ginecologo che mi aveva fatto nascere, lo stesso che mi ha seguito da adulta, quando avevo 34 anni mi ha proposto di congelare gli ovuli. All’epoca avevo una relazione con un ragazzo più giovane, i figli non erano nel nostro radar. La mia è stata una scelta di prevenzione: avrei potuto affrontare una malattia e perdere la fertilità, entrare in menopausa precoce o avere, senza saperlo, una riserva ovarica scarsa. Sono eventualità concrete, ogni giorno le mie follower mi raccontano storie come queste. Oggi la mia è diventata un libro, Maternità al momento giusto (Sperling & Kupfer). Il mio obiettivo è sensibilizzare le donne sul social freezing: un investimento sul futuro».

Roberta Maragno, 39 anni, ballerina, di Latina: «Sono onesta: non riesco a rimanere incinta»

«Sono un’insegnante di danza, lavoro con il mio corpo, ma sono stata arrabbiata con lui perché non mi ha dato ancora ciò che voglio di più: un figlio. Da 11 anni mio marito ed io lo cerchiamo. Abbiamo provato di tutto: ho rimosso due polipi, affrontato un aborto extrauterino che ha richiesto la rimozione di una tuba, fatto 5 transfer embrionali, rischiato una flebite per l’eccesso di ormoni e siamo ancora al punto di partenza. Spesso la gente fa domande: “Non hai figli, come mai?”. Mi sono stufata di rispondere: “Non è il momento”. Oggi sono onesta, non mi vergogno e dico: “Non mi vengono”. Sono fertile in tante cose, dipingo, ballo, scrivo, ma dal punto di vista biologico, a quanto pare, non tanto. Nel febbraio scorso ho rimosso un mioma, un piccolo tumore benigno, e per i medici sarei pronta per il sesto transfer embrionale, ma tremo all’idea. Perché ogni volta che non va bene per me è un lutto. Anche se è più forte la speranza».

Sara Innocenti, 34 anni, guida turistica e tiktoker, di Firenze: «Diventare mamma? No, grazie».

«La mia routine da freelance è devastante: anche 12 ore di lavoro al giorno. Fortuna che il mio è il più bello del mondo: far scoprire ai turisti la mia città. Ho un compagno da 14 anni, mio coetaneo, e non vogliamo figli. Siamo realizzati e felici così. Io non ho istinto materno né pazienza né tempo. Qualche mese fa ho condiviso questa posizione sul mio account @sarasflorence, pubblicando una lista di 10 motivi per non avere figli. Si è scatenata una shitstorm senza uguali. “Egoista”, “Te ne pentirai”, “Le donne come voi faranno estinguere l’umanità”: questi i commenti più riferibili. Ma anche dal vivo la reazione non è migliore: di solito tutti insistono a dirmi che adesso la penso così, ma poi? Al mio fidanzato invece, guarda un po’, non dicono nulla».

Il libro da leggere

Gravidanze maschili, società governate da sole donne, mutazioni genetiche… Cronache dell’età fertile di Barbara Di Gregorio (Fandango Libri) è una raccolta di sei racconti stile Black Mirror che mettono sotto la lente d’ingrandimento il totem della maternità. Al centro della narrazione sei donne libere, dissidenti, in rotta con la società e con i ruoli che essa impone. Sei donne che mettono in discussione l’idea stessa di “età fertile” come momento sacro, naturale o desiderabile. La fertilità, in queste pagine, diventa un terreno di conflitto, manipolazione e resistenza.